Non bastavano la crisi abitativa, l’incertezza normativa e le periodiche crociate anti-turismo. Ora, per chi affitta in modalità breve, arriva anche una nuova minaccia: l’Unione Europea vuole che a occuparsi dell’IVA siano le piattaforme digitali, ma con effetti diretti – e potenzialmente devastanti – per migliaia di piccoli proprietari. A denunciare questo rischio è Pro.Loca.Tur, l’associazione nata per rappresentare gli interessi di chi mette in locazione la propria casa o una seconda abitazione, senza svolgere attività imprenditoriale.
Il bersaglio si chiama ViDA – acronimo di VAT in the Digital Age – un pacchetto legislativo pensato per riformare l’applicazione dell’IVA nell’era digitale. All’apparenza, si tratterebbe di un’operazione di equità fiscale. Ma secondo l’associazione italiana, che ha presentato ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE contro il Consiglio Europeo, dietro questa riforma si nasconde “un attacco frontale alla libertà d’impresa, alla certezza del diritto e al principio di proporzionalità”.
A sostenere questa tesi, anche l’intervento di Dario Pileri, esperto del settore e voce autorevole del mercato immobiliare, ospite della trasmissione Bricks and Music su Casa Radio:
“ViDA nasce da un intento nobile – combattere l’evasione e armonizzare la tassazione – ma finisce per travolgere chi non ha nulla a che fare con l’economia digitale delle grandi piattaforme. È inaccettabile che chi affitta per coprire il mutuo o integrare la pensione venga equiparato a un albergo”.
Il cuore della questione è il cosiddetto Deemed Supplier Regime (DSR). In base a questo meccanismo, le piattaforme online che facilitano le locazioni brevi (come Airbnb, Booking e simili) diventano soggetti IVA “presunti fornitori” del servizio. L’IVA verrebbe così applicata anche quando il locatore è un cittadino privato, esente o fuori campo IVA, perché non svolge alcuna attività economica strutturata.
L’intento dichiarato di Bruxelles è quello di evitare che le piattaforme agiscano da “zona grigia” fiscale. Ma l’effetto collaterale, secondo Dario Pileri, è devastante:
“La norma è scritta male. Parte dal presupposto che tutto ciò che passa per il digitale sia business, e non considera le specificità dei mercati locali, né la realtà delle famiglie italiane. È una misura fatta per la Svezia, non per l’Umbria o la Calabria”.
L’associazione Pro.Loca.Tur – acronimo di “Proprietari di Locali Turistici” – ha deciso di non restare a guardare. Assistita dallo studio Mayer Brown, ha impugnato ufficialmente le disposizioni della direttiva ViDA davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il ricorso si fonda su sette capi d’accusa giuridica, tra cui:
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violazione del principio di proporzionalità: l’IVA colpisce anche locazioni occasionali di pochi giorni l’anno;
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lesione del diritto di proprietà: la tassazione indiretta riduce la redditività del bene;
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violazione della libertà d’impresa: chi non è impresa, viene trattato come tale;
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disparità di trattamento: chi pubblica un annuncio su un portale è penalizzato rispetto a chi usa vie dirette;
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sovrapposizione normativa: si invade la sovranità fiscale degli Stati membri.
Sempre ai microfoni di Casa Radio, Dario Pileri ha sottolineato l’aspetto più critico:
“Il vero problema è che l’Europa sta costruendo norme sulle spalle di chi non può difendersi. Un piccolo locatore non ha le risorse per consulenze fiscali, commercialisti, gestori. Così lo Stato lo costringe all’illegalità o lo espelle dal mercato”.
Il messaggio è chiaro: il rischio non è solo fiscale, ma anche sociale. Svuotare il mercato delle locazioni brevi non imprenditoriali significa desertificare l’offerta per milioni di turisti, aumentare la pressione sugli affitti ordinari, e ridurre l’indipendenza economica di migliaia di famiglie.
La polemica va ben oltre il tecnicismo normativo. Si inserisce in un contesto delicato, in cui l’equilibrio tra il diritto al reddito e la regolazione del mercato turistico è sempre più fragile. La proposta ViDA, per come strutturata, rischia di disincentivare l’emersione del sommerso, proprio mentre molte città italiane stanno tentando di regolamentare gli affitti brevi con strumenti locali, dai codici identificativi alle licenze.
Dario Pileri lancia un monito ai decisori politici italiani ed europei:
“L’Europa ha bisogno di una riforma fiscale digitale, ma non può farla sulla pelle dei cittadini. La tecnologia deve semplificare, non complicare. E le istituzioni devono proteggere i deboli, non servire solo i giganti del web.”
L’Italia è uno dei Paesi dove le locazioni brevi hanno avuto il maggiore sviluppo. Migliaia di famiglie in tutte le regioni – non solo nelle città d’arte – affittano camere, case vacanze, B&B non imprenditoriali. Per molti è integrazione al reddito, per altri una forma di economia circolare immobiliare, che mette in valore il patrimonio edilizio esistente.
Pro.Loca.Tur, con sede a Milano ma attiva in tutta Italia, si propone come baluardo di questa visione. E il ricorso alla Corte UE è solo il primo passo di un piano più ampio: dare rappresentanza e voce a chi finora è stato escluso dal dibattito. Il presidente dell’associazione ha annunciato una campagna di sensibilizzazione pubblica, con incontri, dossier tecnici e appelli trasversali.
La direttiva ViDA, pur con lodevoli obiettivi di equità fiscale, rischia di trasformarsi in un boomerang. L’universalità dell’IVA applicata anche ai non imprenditori, solo perché digitalizzati, è una forzatura concettuale e pratica.
La voce di Dario Pileri, raccolta da Casa Radio, rappresenta uno spunto prezioso:
“Servono politiche inclusive, che non considerino il cittadino un evasore presunto, ma un soggetto da accompagnare verso la legalità. Altrimenti si crea un sistema fiscale elitario, dove solo chi ha struttura può restare in regola”.
La battaglia legale ora è nelle mani della Corte di Giustizia dell’UE. Ma quella culturale e politica è tutta da combattere, e l’Italia – grazie anche a realtà come Pro.Loca.Tur – può giocare un ruolo guida nel ripensare un’Europa che sia davvero a misura di cittadino.