Città Verde nasce per ricucire fili spesso separati: edilizia sostenibile, inclusione culturale, partecipazione sociale, sicurezza e innovazione in cantiere. La struttura è quella di un Urban District certificato a due livelli (edifici e quartiere) in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione 2050. Premi e attestazioni di settore già ottenuti rafforzano la rotta, ma la vera forza del progetto è l’integrazione: l’arte diventa servizio urbano, la scuola entra nella città e il cantiere si fa aula diffusa.
Per Marco Mari (Sustainability & Policy Advisor), la sostenibilità sta su tre pilastri: misurare, includere, educare. Misurare significa certificare ciò che si dichiara (protocolli di quartiere, PBD, audit, piani di miglioramento). Includere vuol dire tradurre bellezza, sostenibilità e inclusione in scelte operative: opere partecipate, materiali di riciclo, spazi di prossimità come il portico, inteso non come decorazione ma condizione d’uso che genera relazione e cura. Educare implica un cantiere da capire, non temere: trasparente, sicuro, leggibile dalla comunità. I premi contano, ricorda Mari, ma la reputazione si costruisce nella coerenza quotidiana: meno sfridi, meno polveri e rumore, più tutela dei lavoratori e ascolto del quartiere.
La scalabilità del progetto
Per Alessandro Guglielmi (sviluppatore e imprenditore di Città Verde) la sostenibilità è tale se scala: dal building al district fino all’affordable housing. Si parte da involucro, impianti e posa ottimizzata con app che riduce tagli e sprechi; si sale di scala con mobilità di prossimità, negozi di vicinato e servizi; si innesta l’asse arte-scuola come funzione urbana che attira persone, genera sicurezza naturale e stabilizza il valore immobiliare. Affordable non è solo prezzo: è riduzione dei costi indiretti (tempo, spostamenti, fatica). Un quartiere che fa risparmiare energia quotidiana vale di più e resiste meglio alle ciclicità del mercato.
“Ali e Radici”: l’arte come dispositivo di comunità
Con Marco Guglielmi (curatore), “Ali e Radici” rende visibile il dialogo tra memoria e futuro: radici per continuità, ali per slancio delle nuove generazioni. L’opera è un mosaico di opere realizzate con materiali di riciclo: sculture e “troni instagrammabili” pensati come nodi di comportamento (ti siedi, condividi, incontri, scopri i laboratori da cui nascono). Ogni installazione è intenzionale, progettata per essere manutenibile e riprogrammabile, perché l’arte viva nel tempo e resti co-autoriale: scuole, liceo artistico e università non sono pubblico ma parte del progetto.
La scuola al centro
Per Barbara Riccardi (Global Teacher Prize Ambassador), la chiave è mettere i ragazzi al centro. Non si limitano a commentare: progettano, costruiscono, installano. I sogni dei bambini diventano materia e spazio, accendendo motivazione, autostima, responsabilità. Con l’IC PADRE SEMERIA di Roma, con le classi III del plesso Principe di Piemonte è stata organizzata una filiera di laboratori che usa il riciclo come vocabolario: si impara la sostenibilità facendola. La valutazione guarda ai processi(collaborazione, argomentazione, gestione dei vincoli), perché è così che nasce competenza civica. Il progetto unisce cinque generazioni in un ponte stabile tra memoria e innovazione.
Principio di responsabilità
Installazione delle opere di Ali e Radici, posizionamento dei troni nei luoghi-pivot della vita quotidiana, laboratori con primarie e liceo artistico, collaborazione con le università per documentazione e valutazioni d’impatto sono i prossimi passi. Sul fronte tecnico, prosegue il percorso di certificazione per edifici e quartiere; su quello comunicativo, cresce il palinsesto che restituisce persone, processi e risultati, anche grazie al micro-format dedicato.










