Addio a Giorgio Armani, icona del Made in Italy che ha vestito il mondo.

 Un ricordo personale del Re dell’eleganza silenziosa

Lo chiamavano “Re Giorgio”, ma chi ha avuto la fortuna – come me – di conoscerlo da vicino, sa bene che quel titolo altisonante gli stava stretto. Giorgio Armani non cercava l’adorazione. Pretendeva rispetto. Era un uomo di poche parole, essenziale, diretto, con lo sguardo limpido di chi ha sempre saputo dove voleva arrivare, anche quando il percorso era in salita. Non amava i riflettori puntati sulla sua persona, ma accettava la ribalta se serviva a raccontare una visione: quella dell’eleganza come atto di rispetto verso sé stessi e verso gli altri.

Il silenzio che parlava più di mille parole

Lo ricordo così: silenzioso, attento, presente. Durante le sfilate non parlava mai a sproposito, ma osservava tutto con l’occhio meticoloso dell’artigiano e il cuore di un artista, anche se lui rifiutava questa definizione. “Non mi considero un artista”, diceva spesso. Eppure lo era, nel senso più puro del termine: un creatore di linguaggi visivi, un poeta del tessuto, un inventore di forme che sapevano esprimere la bellezza dove gli altri non riuscivano a vederla.

Dietro ogni sua collezione c’erano rigore, sacrificio, disciplina. E anche dolore. «La vita mi ha premiato, ma mi ha anche tolto parecchio», disse in occasione del suo compleanno. Parole che rivelano il prezzo della grandezza: le rinunce, le solitudini, il tempo sottratto a tutto il resto per inseguire una visione chiara, ostinata. Una vita vissuta senza compromessi, restando sempre fedele a sé stesso. Non inseguiva le mode. Le anticipava. E quando non gli piacevano, le ignorava con garbo. Non alzava mai la voce, ma si faceva ascoltare. Con eleganza. Con stile.

Una vita iniziata in camice, diventata leggenda in passerella

Nato a Piacenza l’11 luglio 1934, Giorgio Armani non immaginava certo di rivoluzionare il mondo della moda. In gioventù pensava di indossare un camice da medico. Ma nel 1957, lascia la facoltà di Medicina per seguire un’altra strada. Entra nel mondo della moda come vetrinista alla Rinascente di Milano. Poi lavora con Nino Cerruti, dove impara l’arte della sartoria. E lì nasce il primo seme di quello che diventerà l’inconfondibile “stile Armani”.

La vera svolta arriva il 24 luglio 1975: insieme al compagno di vita e socio Sergio Galeotti fonda a Milano, in Corso Venezia, il suo primo atelier. L’anno dopo debutta con la linea donna. Nel 1978 firma una licenza con GFT che lo proietta ben oltre i confini italiani. L’anno successivo nasce la Giorgio Armani Corporation, e da lì l’ascesa è inarrestabile.

La costruzione di un impero

Tra gli anni ’80 e ’90, Armani firma tutto. Nascono Emporio Armani, Armani Jeans, Armani Exchange. Arrivano gli occhiali, i profumi, la biancheria, i cosmetici, gli hotel, le collezioni per lo sport e per i giovani. Nel 2005 arriva l’alta moda con Armani Privé, e il suo regno diventa globale. Ma non si tratta solo di espansione economica: ogni linea è coerente con la sua visione estetica. Non un logo urlato, non un eccesso: sobrietà, struttura, armonia.

Era uno dei pochi stilisti al mondo capaci di conciliare creatività e solidità aziendale. Un imprenditore visionario che ha costruito un impero tenendo sempre saldamente in mano le redini del suo marchio. L’ultimo vero sovrano di un’era in cui la moda era ancora fatta da couturier, non da comitati aziendali.

Il cinema, le star, e la consacrazione internazionale

Hollywood se ne innamorò presto. Diane Keaton ritirò l’Oscar per Io e Annie con un blazer e una gonna a pieghe firmati Armani. Richard Gere, nel 1980, indossò il leggendario completo Armani in American Gigolo, consacrando lo stilista a livello mondiale. Da allora, fu un crescendo: Cate Blanchett – sua musa assoluta – Julia Roberts, Nicole Kidman, Jodie Foster, Michael Douglas, Lady Gaga, Beyoncé. Tutti hanno scelto di essere rappresentati da quell’eleganza silenziosa, che non grida ma lascia il segno.

E non erano solo le star a cercarlo. Le sue clienti, nelle boutique, volevano un tailleur o un abito non per apparire, ma per sentirsi belle. E ci riuscivano, perché Armani regalava sicurezza, luce interiore. Aveva il dono raro di vestire le persone senza mascherarle, esaltandone l’autenticità.

Lo stile: il greige, il tailleur e la rivoluzione del corpo

La sua rivoluzione più grande? Aver riscritto il codice dell’eleganza femminile. Il suo tailleur destrutturato ha liberato le donne dalle impalcature rigide degli anni Ottanta. Linee morbide, tagli perfetti, colori naturali. Come il famoso greige, la tonalità a metà tra il grigio e il beige che è diventata la sua firma.

Armani lo spiegava così:

«Cercavo una tonalità che fosse calda ma allo stesso tempo metropolitana, sobria ma non scontata. Il greige è tutto questo per me: discreto, sofisticato e naturale. Amo i colori naturali, danno un profondo senso di tranquillità e serenità».

Sobrietà, misura, equilibrio. Tre parole che descrivono non solo la sua moda, ma la sua vita.

L’ultimo gesto d’amore

Pochi giorni prima di lasciarci, Giorgio Armani aveva acquistato La Capannina, lo storico locale di Forte dei Marmi. Un gesto sentimentale, un ritorno alle radici. Fu proprio lì, sulla Versilia, che incontrò il grande amore della sua vita. In quell’ultimo acquisto c’era tutto lui: nostalgia, romanticismo, discrezione.

Il messaggio dell’11 luglio scorso, nel giorno del suo 91esimo compleanno, aveva già fatto presagire qualcosa. Ringraziava per l’affetto ricevuto, con parole che trasmettevano gratitudine ma anche un senso di saluto. Il mondo della moda sapeva che quel momento si stava avvicinando. E ora che è arrivato, ci sentiamo tutti più soli. Più spaesati in un sistema che sembra sempre più confuso, e che ha perso l’ultimo dei suoi veri maestri.

L’eredità di un gigante

«Il segno che spero di lasciare è fatto di impegno, rispetto e attenzione per le persone e per la realtà. È da lì che tutto comincia».
Così Giorgio Armani aveva definito la sua eredità. Una lezione di vita, prima ancora che di stile.

Per chi vorrà salutarlo un’ultima volta, la camera ardente sarà allestita a partire da domani, 6 settembre, fino a domenica 7 settembre, dalle 9 alle 18, presso l’Armani Teatro, in via Bergognone 59, a Milano.
I funerali si svolgeranno in forma privata, per sua espressa volontà.

Giorgio Armani ci ha lasciati. Ma ciò che ha costruito – con silenzio, fatica, rigore – continuerà a vivere. Nei suoi abiti, nelle sue parole, nei ricordi di chi l’ha conosciuto e di chi l’ha amato. Un re discreto, un artista involontario, un uomo straordinario. E oggi più che mai, il mondo porterà per sempre il segno del suo Made in Italy, testimone silenzioso di un’eleganza che non conosce fine.

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