La casa è tornata al centro del dibattito pubblico ma, secondo Fabrizio Segalerba, la risposta del Paese resta sbilanciata su misure tattiche e poco coerenti.
Ogni anno si interviene su un pezzo: una stretta o un’agevolazione sugli affitti brevi, un aggiustamento sulla cedolare, un incentivo edilizio che nasce e muore nel giro di dodici mesi. Manca però, sostiene il presidente FIAIP, la cornice: una politica organica dell’abitare che metta in fila locazioni, patrimonio pubblico, rigenerazione urbana, transizione energetica e ruolo degli intermediari. Senza questa cornice, i proprietari continueranno a tenere chiusi gli immobili e le città continueranno a registrare tensioni abitativo-sociali.
“Non è più emergenza: è una cronicità da governare”
Segalerba parte da un punto di metodo: chiamare “emergenza abitativa” qualcosa che dura da vent’anni è fuorviante. Non siamo di fronte a una fiammata, ma a una disfunzione strutturale: domanda di affitto crescente nelle città universitarie e turistiche; offerta che non segue, perché i proprietari percepiscono il lungo periodo come rischioso; tempi di rilascio troppo lenti in caso di morosità; normativa delle locazioni ancorata agli anni ’90. In questo scenario le brevi durate non sono solo speculazione: per molti proprietari sono l’unico modo per restare sul mercato con un rischio controllabile. Se il legislatore si limita ad aumentare la tassazione sulle brevi o a creare eccezioni localizzate, osserva Segalerba, il risultato non sarà un ritorno automatico degli immobili all’affitto lungo: in molti casi le case resteranno semplicemente vuote. Da qui la richiesta di una riforma delle locazioni che renda conveniente e sicuro il lungo periodo.
Il nodo fiscale e la disintermediazione “premiata”
Uno dei passaggi più critici riguarda le ipotesi, emerse più volte, di riconoscere aliquote più favorevoli solo a chi affitta senza intermediazione. Per il presidente FIAIP sarebbe una scelta sbagliata su due piani. Primo: mette sullo stesso livello un agente immobiliare che opera in modo tracciato, paga le imposte in Italia, svolge controlli documentali e spesso funge da sostituto d’imposta, e un soggetto che loca in modo occasionale, senza garanzie e senza filtri. Secondo: lancia al mercato un segnale controintuitivo, perché penalizza il canale più controllato proprio mentre lo Stato chiede più trasparenza, più riscossione corretta della tassa di soggiorno, più tutela del conduttore.
L’agente immobiliare, insiste Segalerba, non è un “costo accessorio”, ma il soggetto che garantisce qualità della transazione, conformità urbanistica e fiscale, equilibrio contrattuale. Escluderlo o penalizzarlo significa indebolire uno degli argini alla sommersione e alle pratiche irregolari. Meglio, al contrario, aprire tavoli con tutti i player, portali compresi, per definire standard comuni, interoperabilità e una fiscalità che non produca concorrenza sleale.
Locazioni ferme agli anni ’90
Il vero collo di bottiglia resta la normativa. Il sistema italiano delle locazioni abitative nasce in un contesto sociale ed economico che non esiste più: meno mobilità del lavoro, meno studenti stranieri, turismo meno diffuso, nuclei familiari più stabili. Oggi le città vivono di flussi temporanei, professionisti che si spostano per mesi, studenti che cercano stanze, lavoratori dei servizi che devono restare in prossimità dei centri storici o dei poli turistici. A queste esigenze la legge risponde con strumenti rigidi, poco digitali, spesso con tempi giudiziari sproporzionati.
La ricetta di Segalerba è chiara: tempi di rilascio ridotti e realmente applicabili; contratti digitali standardizzati; incentivi fiscali stabili al canone concordato, estesi alle aree dove la tensione abitativa è documentata; riconoscimento formale del ruolo degli intermediari nell’assicurare legalità. Solo così si può chiedere a un proprietario di esporsi sul lungo periodo.
ERP e patrimonio pubblico inutilizzato
C’è poi un paradosso che riguarda molte città medie: alloggi di edilizia residenziale pubblica fermi perché mancano risorse per rimetterli a norma o per gestirli, mentre studenti, giovani coppie e lavoratori stagionali faticano a trovare una casa a canone sostenibile. Per la FIAIP è il segno di una governance frammentata. La proposta è una cabina di regia Stato-Regioni-Comuni che individui i territori più in tensione e vi concentri fondi pluriennali, partenariati pubblico-privati e gestione professionale. Il tutto con criteri trasparenti di assegnazione e con l’obiettivo esplicito di non lasciare vuoto il patrimonio pubblico.
Urbanistica e difformità
Un altro blocco alla circolazione degli immobili è costituito dalle piccole difformità edilizie. Non si tratta degli abusi gravi, ma di irregolarità formali o di modesta entità che, tuttavia, impediscono compravendite, accesso agli incentivi e interventi di efficientamento. Per Segalerba servono regole nazionali chiare: cosa si può sanare, in quali tempi, con quali oneri, con quali controlli. E servono sportelli unici realmente digitali, interoperabili con catasto e archivi comunali. Non è un dettaglio: senza questa semplificazione, anche la transizione energetica spinta dall’Europa rischia di rallentare, perché molti edifici non sono “puliti” dal punto di vista urbanistico.
Transizione energetica senza scaricare i costi sui più deboli
La direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici è una occasione, ma va accompagnata. Se le regole cambiano spesso e gli incentivi sono brevi e imprevedibili, i proprietari meno strutturati non intervengono. L’effetto può essere sociale: immobili meno efficienti, spesso in periferia, che si deprezzano; immobili centrali ristrutturati che aumentano di valore; famiglie che non riescono ad accedere né agli incentivi né al credito. Qui, sottolinea il presidente FIAIP, le reti professionali possono fungere da “sportello diffuso” di informazione e orientamento, ma hanno bisogno di norme stabili e di percorsi edilizi più rapidi.
L’agente immobiliare come sensore del mercato
Un punto identitario dell’intervento è il ruolo dell’agente. L’intermediazione professionale non si limita a “far incontrare” domanda e offerta: osserva i quartieri, intercetta i primi segnali di sofferenza del commercio di vicinato, misura in tempo reale la disponibilità di stanze per studenti o di immobili per lavoratori stagionali. È una rete di sensori che lo Stato e i Comuni potrebbero valorizzare molto di più, anche in chiave statistica, per decidere dove intervenire con l’ERP, dove sostenere il canone concordato, dove spingere sulla rigenerazione. Ma per farlo occorre riconoscere alla categoria un ruolo pubblico nel governo del dato immobiliare, legato a standard professionali più alti e a formazione continua.
Un Patto per l’Abitare
Il filo rosso è la proposta di un Patto per l’Abitare, non generico ma operativo. Quattro i pilastri:
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Riforma delle locazioni: tempi certi, canone concordato con cedolare secca stabile e ampliata, tracciabilità integrale.
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Sanatorie ordinate e revisione del Testo Unico dell’Edilizia: una procedura digitale nazionale per le difformità minori.
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Riattivazione dell’ERP e dell’housing di prossimità: fondi vincolati e gestione professionale per rimettere in circolo il patrimonio pubblico.
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Incentivi pluriennali per efficienza e rigenerazione: stop alla logica “un anno alla volta”.
Un patto del genere, con milestone pubbliche e verifiche annuali, abbasserebbe il tasso di incertezza percepito da famiglie e investitori, e permetterebbe di usare la casa non come capitolo residuale del welfare ma come leva di sviluppo urbano e competitività.










