I nuraghi sono tra le costruzioni più enigmatiche e affascinanti del mondo antico, e rappresentano un simbolo inconfondibile della Sardegna. Queste antiche strutture megalitiche, risalenti alla civiltà nuragica che fiorì tra il 1800 e il 200 a.C., costellano il paesaggio dell’isola, ricordando ai visitatori il passato remoto della Sardegna. Con oltre 7.000 nuraghi ancora visibili, le loro dimensioni monumentali e la loro complessità continuano a stupire archeologi e studiosi. Ma cosa erano esattamente queste costruzioni? E quali curiosità nascondono?
I nuraghi sono torri in pietra a forma di tronco di cono, costruite con grandi blocchi di roccia sovrapposti senza l’uso di malta. La loro altezza può variare da pochi metri fino a 20 metri, come nel caso del famoso Nuraghe Arrubiu. Sebbene la loro funzione esatta sia ancora oggetto di dibattito, gli studiosi concordano sul fatto che i nuraghi fossero strutture difensive o di controllo del territorio, ma anche centri sociali e abitazioni per le élite locali. È interessante notare che alcune teorie suggeriscono che fossero usati anche per scopi religiosi o astronomici, grazie al loro posizionamento strategico in relazione al sole e alle stelle.
Una curiosità che emerge dagli studi recenti è che i nuraghi non erano tutti uguali: esistevano strutture più semplici, composte da una sola torre, e altre molto più complesse, come i nuraghi polilobati, dotati di torri aggiuntive, cortili interni, e persino sistemi di difesa con bastioni e mura. Questo suggerisce che la civiltà nuragica possedesse una società stratificata e tecnologicamente avanzata, capace di progettare e costruire opere complesse con tecniche di costruzione che sono state definite sorprendenti per l’epoca.
Uno degli aspetti più particolari dei nuraghi è la tecnica di costruzione, chiamata a secco, ossia senza l’uso di leganti tra le pietre. Le grandi pietre venivano accuratamente posizionate l’una sull’altra, sfruttando la loro forma e peso per creare strutture solide e stabili. Alcuni blocchi possono arrivare a pesare diverse tonnellate, e si pensa che gli antichi costruttori utilizzassero leve di legno e rampe per sollevarli.
All’interno dei nuraghi si trova spesso una scala a spirale che conduce ai piani superiori, suggerendo che queste torri fossero abitabili su più livelli. Le scale erano illuminate da piccole aperture nelle pareti, che avevano anche la funzione di finestre difensive. Un’altra curiosità riguarda la presenza di pozzi all’interno dei nuraghi: molti di essi avevano sistemi di raccolta dell’acqua, dimostrando un’attenzione particolare alle risorse idriche.
I nuraghi si trovano sparsi in tutta la Sardegna, ma le regioni con la maggiore concentrazione sono il Logudoro, nel nord-ovest dell’isola, la Barbagia nel centro, e il Campidano, nella zona meridionale.
Tuttavia, la distribuzione dei nuraghi non era casuale: spesso venivano costruiti su colline o alture, in punti strategici da cui si poteva dominare e controllare il territorio circostante.
Tra i nuraghi più famosi, spicca senza dubbio il Nuraghe Su Nuraxi di Barumini, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Su Nuraxi è uno dei nuraghi più grandi e meglio conservati, con un complesso difensivo articolato su più livelli e dotato di quattro torri aggiuntive collegate da mura. La scoperta di Su Nuraxi negli anni ’50, grazie agli scavi dell’archeologo Giovanni Lilliu, ha portato alla luce non solo la struttura della torre principale, ma anche un vero e proprio villaggio nuragico che si sviluppava attorno al nuraghe, con abitazioni, botteghe e pozzi.
La più importante fra le testimonianze di questo glorioso passato è senza dubbio l’area archeologica Su Nuraxi. Scoperta e portata alla luce nel corso degli anni ‘50, durante gli scavi condotti dal grande; l’area è costituita da un imponente nuraghe complesso, costruito in diverse fasi a partire dal XV secolo a.C., e da un esteso villaggio di capanne sviluppatosi tutto intorno nel corso dei secoli successivi.
Un patrimonio, quello di Barumini, che si è arricchito recentemente di un’altra meraviglia: Su Nuraxi ‘e Cresia. Un altro nuraghe complesso venuto alla luce negli anni ‘90 durante i lavori di restauro di Casa Zapata, antica residenza nobiliare dei baroni sardo-aragonesi, costruita, a partire dalla metà del 1500, sopra l’antico edificio nuragico.
Oggi la residenza spagnola, costituita non solo dal palazzo nobiliare, ma da uno splendido giardino che da sul Etnograficsagrato della chiesa parrocchiale, da un’ampia corte e dalla pertinenza agricola costruita a partire dai primi anni del ‘900, è sede del cosiddetto Polo Museale Casa Zapata organizzato in tre sezioni: Archeologica, Storico- archivistica.
Un altro nuraghe degno di nota è il già citato Nuraghe Arrubiu, vicino a Orroli, che è considerato uno dei più grandi e complessi della Sardegna. Il nome “Arrubiu”, che in sardo significa “rosso”, deriva dal colore delle pietre vulcaniche con cui è costruito. Si tratta di un raro esempio di nuraghe pentagonale, con cinque torri che formano un perimetro difensivo.
Un aspetto affascinante è la multifunzionalità dei nuraghi. Oltre al loro evidente ruolo difensivo, ci sono prove che suggeriscono l’uso dei nuraghi come luoghi di culto. In particolare, alcune strutture presentano caratteristiche che fanno pensare a rituali religiosi. Per esempio, nei pressi di diversi nuraghi sono stati trovati pozzi sacri, come quello del Tempio di Santa Cristina, vicino a Paulilatino, che era utilizzato per riti legati all’acqua.
Un’altra curiosità riguarda la presenza di capanni circolari attorno ai nuraghi, che potrebbero aver ospitato abitanti o artigiani che lavoravano al servizio della comunità nuragica. Questo fa pensare che i nuraghi fossero anche centri economici e politici della società nuragica, che coordinavano non solo la difesa, ma anche la produzione e la distribuzione delle risorse.
Nonostante gli studi archeologici e le scoperte degli ultimi decenni, i nuraghi continuano a essere avvolti dal mistero. Le domande sull’uso preciso di queste strutture, sulla loro evoluzione e sul declino della civiltà nuragica restano in gran parte senza risposta. Alcuni studiosi suggeriscono che i nuraghi fossero simboli di potere e status, mentre altri ipotizzano che avessero anche una funzione simbolica o spirituale, forse legata al culto degli antenati.
Il fascino dei nuraghi risiede proprio in questo alone di mistero che li avvolge: erano fortezze? Templi? Abitazioni? Forse tutte queste cose insieme. Ciò che è certo è che i nuraghi rappresentano una testimonianza straordinaria di una civiltà preistorica avanzata, capace di costruire opere architettoniche che ancora oggi sfidano il tempo e l’interpretazione.
Oggi, i nuraghi sono visitabili in molte parti della Sardegna e rappresentano un patrimonio culturale e turistico di immenso valore. Attraverso visite guidate, è possibile esplorare queste antiche costruzioni e immergersi nella storia della civiltà nuragica, scoprendo i segreti di un popolo che ha lasciato un’impronta indelebile nel paesaggio e nella cultura dell’isola. (sito istituzionale della regione Sardegna)
In conclusione, i nuraghi non sono solo delle semplici abitazioni preistoriche, ma monumenti straordinari che raccontano una storia millenaria fatta di ingegno, spiritualità e mistero.
Elogio ai Nuraghi
La poesia al Nuraghe di Celestino Caddeo 1902
Nel 1902 Celestino Caddeo di Dualchi scrisse una bella poesia dedicata al Nuraghe.
Mi piace pensare che il nuraghe della poesia sia il nuraghe Ponte, dove si ammira una delle più belle e maestose architravi della nostra Isola dei nuraghi.
Ringrazio Martine Faedda per la traduzione in italiano che trovate di seguito al testo originale.
Quando il nuraghe diventa poesia (nicola castangia)
Nuraghe so, sos seculos isfido, Cantu durat su mundu hap’a durare, Costantemente assalidu mi bido Da tempestas orrendas in sonare.
Ma mai m’hana potidu atterrare: Osserva
cantu in sos poderes fido. Su tempus sigat puru a tempestare, Tantu deo in contrariu decido.
Sighint eras e generaziones A tramuntare, e deo in cust’istadu Semper contando sas istasiones.
B’hat resone si deo paro fronte, Ca sos mastros chi m’hana fabbricadu Fint Piracmone, Isterope cun Bronte.
(Celestino Caddeo – Dualchi aprile 1902)
Sono Nuraghe, sfido i secoli, Quanto dura il mondo resisterò, Mi vedo costantemente assalito Da tempeste dal fragore terrificante . Ma non mi hanno mai potuto distruggere: Guarda quanto confido nei poteri. Continui pure a tempestare il tempo, Tanto decido io al contrario.
Le ere e le generazioni continuano A tramontare, e io in questo stato Contando
sempre le stagioni
C’è una ragione se io resisto Perchè i maestri che mi fabbricarono Furono Piracmone, Isterope con Bronte
(trad. Martine Faedda)