È cominciata ufficialmente il 22 settembre la 2025 dell’edizione di Cersaie, Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno, che quest’anno riunisce 620 espositori provenienti da 29 nazioni, su una superficie espositiva che raggiunge i 155.000 metri quadrati.
Un convegno inaugurale ricco di spunti
Il taglio del nastro è coinciso con il convegno inaugurale intitolato “Continuare ad investire nella manifattura ceramica italiana”, che ha affrontato temi ormai centrali nel dibattito industriale: la riforma dell’ETS, il caro energia, la logistica, le tensioni sul commercio internazionale
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Michele De Pascale, presidente della Regione Emilia-Romagna, intervenuto da Osaka, ha sottolineato come il settore abbia bisogno “politiche utili”: riduzione dei costi dell’energia, delle materie prime e della logistica. L’invito è esplicito: rivedere l’assetto dell’ETS, ormai insostenibile secondo la Regione.
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Matteo Zoppas, presidente di ICE Agenzia, ha ricordato l’importanza del Made in Italy per la ceramica, definito “eccellenza” in grado di unire innovazione e tradizione, ma che deve fare i conti con incertezze globali. ICE ha gestito l’incoming per 220 operatori da oltre 38 Paesi, segno di quanto internazionale sia oggi la platea degli interlocutori.
Le preoccupazioni del settore
Non sono mancati passaggi critici, specie sulle sfide che rischiano di offuscare il potenziale del settore:
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Il presidente di Confindustria Ceramica ha sottolineato come la ceramica italiana, con 240 imprese e circa 30.000 addetti, viva un momento delicato: energia più cara, concorrenza da produttori low cost, fluttuazioni valutarie come la svalutazione del dollaro. Serve maggiore attenzione verso il dumping, inclusi aspetti ambientali e sociali.
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L’ETS e la recente introduzione del cosiddetto ETS 2 vengono definiti da più parti un aggravio – per le imprese ceramiche – di costi, con stime intorno al 15% in più sul costo dell’energia, per un extra spesa che si aggira sui 100 milioni di euro l’anno, destinata ad aumentare.
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Anche la competitività internazionale è sotto scacco: i dazi, i rischi di mercato, la concorrenza da Paesi dove norme ambientali o salariali sono meno stringenti. Si chiede quindi all’Europa più che buone intenzioni: misure concrete, deroghe per settori energivori come quello ceramico, allineamento dei costi dell’energia con quelli dei concorrenti UE.
Qualche nota positiva
Non tutto è fumo: l’industria ceramica fa sapere che nonostante le difficoltà continua a investire, fino al 10% del fatturato in ricerca e innovazione; grazie a ciò è diventata – come più volte ribadito – «il settore a minori emissioni nel mondo».
Inoltre, l’intensità dell’incoming internazionale, la platea di buyer esteri, operatori e professionisti in visita – tutti elementi che testimoniano una fiducia, seppure prudente, nelle potenzialità delMade in Italy in questo comparto.
I temi su cui si gioca il futuro
Alla fine della prima giornata, emergono chiaramente alcune linee di intervento che il settore considera prioritarie:
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Energia: costi sostenibili, fonti alternative, misure speciali per settori energivori, alleviamenti fiscali o regolatori.
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Norme ETS e politiche europee: ridefinire i meccanismi per evitare che la regolamentazione diventi un ostacolo per la produzione nazionale.
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Commercio internazionale: maggiore trasparenza, lotta al dumping ambientale e sociale, che le importazioni rispettino standard, che l’origine dei prodotti sia chiara.
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Innovazione e sostenibilità: investimenti che non si fermano, ma che necessitano di incentivi, finanziamenti, supporto pubblico per ricerca e sviluppo.
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Politiche industriali nazionali: dai piani casa per l’edilizia sociale, agli strumenti di sostegno per produzione, servizi e infrastrutture che accompagnino le imprese.









