Camporini: “Il piano per l’Ucraina va rivisto, altrimenti è destinato a fallire”

Il generale critica la bozza Usa-Kiev: “Errori concettuali, passaggi illogici e una diplomazia che non funziona”.

Nel corso della trasmissione Buongiorno Italia di Casa Radio, il direttore Giovanni Lacagnina ha ospitato il generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e una delle figure più autorevoli nel dibattito sulla sicurezza europea. L’incontro ha permesso di esplorare nel dettaglio il nuovo piano di pace elaborato da Stati Uniti e Ucraina, un testo ridotto oggi a 19 punti, dopo essere partito da una bozza iniziale di 28. Ciò che emerge dalle valutazioni del generale è un giudizio netto e severo: il documento presenta troppe incongruenze per poter essere considerato una base credibile di trattativa.

Camporini ha sottolineato come alcune sezioni del piano rivelino una scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano la sicurezza euro-atlantica. Le formulazioni imprecise, le frasi slegate e i passaggi privi di logica operativa fanno pensare a un lavoro condotto senza un adeguato livello di competenza. In più punti – ha osservato – sembra quasi che chi ha redatto il documento si muova in un terreno che non conosce fino in fondo, come se mancasse la comprensione di fondo del funzionamento della NATO e delle dinamiche militari attuali.

Il generale ha portato esempi concreti di queste incongruenze. Una delle più evidenti riguarda il riferimento alla possibilità di dispiegare aerei militari in Polonia, come se si trattasse di una decisione eccezionale da negoziare tra Russia e Ucraina. Camporini ha ricordato che la Polonia è un membro dell’Alleanza Atlantica e che sul suo territorio operano quotidianamente velivoli NATO, impegnati in missioni di sorveglianza e difesa. Inserire questo punto in un trattato bilaterale è, secondo lui, un errore concettuale che indebolisce la struttura stessa del documento.

Non meno problematica è la sezione in cui si attribuisce agli Stati Uniti un ruolo di mediatori tra Russia e NATO, come se Washington potesse porsi in una posizione neutrale. Un’impostazione, questa, che il generale ha definito irrealistica: gli Stati Uniti sono il pilastro portante dell’Alleanza Atlantica e non possono presentarsi come arbitri tra la NATO e uno dei suoi principali avversari strategici. Una simile proposta rivela un fraintendimento che rende difficile prendere sul serio la bozza così com’è.

Il generale ha poi analizzato il contesto più ampio in cui si inserisce il tentativo di costruire un piano di pace. Ogni negoziato è, per definizione, un processo articolato e graduale: una parte avanza una proposta, l’altra ne presenta una differente, e solo il confronto continuo permette di individuare i possibili punti di contatto. Per ora, tuttavia, non è chiaro se la bozza circolata rappresenti un testo definitivo, una versione provvisoria o addirittura un documento già accantonato. Secondo Camporini, ciò che davvero conta è che la diplomazia non si fermi. Se il dialogo si arresta, restano soltanto le armi.

Affrontando il ruolo dell’Unione Europea, Camporini ha sottolineato quanto sarebbe fondamentale una posizione comune e compatta. L’Europa vive sulla propria pelle le conseguenze della guerra: instabilità dei confini, crisi energetica, impatto economico, tensioni interne e nuove linee di frattura tra i Paesi membri. Eppure, l’UE fatica ancora a presentarsi come un attore unitario. Le divisioni tra gli Stati dell’Est e dell’Ovest, le diverse percezioni della minaccia russa, i contrasti sulla strategia da adottare rendono l’Europa un gigante economico ma un nano politico. Una condizione che, nel panorama attuale, la espone a rischi crescenti.

Parallelamente all’analisi diplomatica, Camporini ha dedicato ampio spazio alla situazione sul campo. Le ultime notizie danno conto di nuovi bombardamenti su Kiev, con vittime civili e strutture danneggiate. Dopo quasi quattro anni di guerra, la situazione resta estremamente fluida ma priva di sviluppi risolutivi. La Russia, negli ultimi mesi, ha recuperato una certa iniziativa, sfruttando la sua maggiore capacità industriale e la disponibilità di uomini. L’Ucraina, pur sostenuta dagli aiuti occidentali, risente invece della fatica accumulata e della difficoltà nel sostenere un conflitto così prolungato.

Con l’arrivo dell’inverno, il generale prevede un rallentamento significativo delle operazioni. Il fango, il gelo e le difficoltà logistiche ridurranno la mobilità sul fronte, spingendo entrambi gli eserciti verso un conflitto di posizione più che di movimento. Tuttavia, questo non significa che la guerra conoscerà pause: continueranno gli attacchi missilistici, i bombardamenti mirati, i tentativi di logoramento reciproco. Secondo Camporini, senza un’apertura reale al negoziato, la primavera potrebbe presentarsi identica a quella dei mesi precedenti: una situazione bloccata, senza avanzamenti decisivi né da una parte né dall’altra.

In chiusura, il generale ha rivolto lo sguardo alla situazione politica interna italiana, commentando l’esito della recente tornata elettorale regionale, caratterizzata da un’astensione significativa. Il fenomeno, a suo avviso, è preoccupante: la crescente disaffezione dei cittadini verso la politica rappresenta un fattore di fragilità democratica che non può essere ignorato. Non è tanto l’esito elettorale a colpire, quanto il numero di persone che scelgono deliberatamente di non partecipare. Un segnale che dovrebbe far riflettere l’intero sistema politico, al di là delle appartenenze o delle simpatie di parte.

L’intervento del generale Camporini, nel suo complesso, offre dunque una visione ampia e approfondita della situazione: un piano di pace ancora acerbo, una guerra destinata a prolungarsi, un’Europa che deve trovare una voce comune e un clima politico interno che rivela tensioni e distacchi sempre più marcati. Una fotografia lucida e al tempo stesso inquietante di un momento storico in cui la stabilità internazionale appare fragile e la diplomazia fatica a ritrovare efficacia.

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