L’episodio, avvenuto in una strada isolata, non è solo un’aggressione personale ma un segnale grave contro la libertà di espressione e il ruolo delle rappresentanze di categoria.
Un’aggressione fisica, improvvisa e vigliacca, consumata in pochi secondi ma capace di raccontare molto del clima che, troppo spesso, si respira quando il confronto sulle politiche abitative, sui diritti di proprietà e sulle scelte urbanistiche esce dalle aule e arriva nelle piazze, nelle associazioni e nelle università. È quanto è accaduto a Elisabetta Brunelli, avvocato e presidente di Confedilizia Bologna, che è stata spintonata, fatta sbattere con il volto sull’asfalto e minacciata da un uomo che le ha urlato: “Ritira tutto”. Parole che pesano, perché lasciano intendere il tentativo di zittire una voce scomoda, di colpire chi rappresenta un’associazione, di intimidire chi partecipa al dibattito pubblico con un punto di vista diverso.
Secondo quanto la stessa Brunelli ha raccontato, e riportato su Il Resto del Carlino, il pomeriggio dell’aggressione era da poco terminato un incontro organizzato in via Zamboni, nell’ambito universitario bolognese, al quale aveva preso parte anche l’eurodeputata Ilaria Salis insieme a realtà e famiglie che negli ultimi giorni avevano occupato lo stabile Asp di via Don Minzoni 12. Un confronto acceso, un contesto nel quale si erano espressi punti di vista differenti sul tema casa, un tema che a Bologna è particolarmente sensibile per l’intreccio fra emergenza abitativa, presenza studentesca e mercato privato degli immobili. Al termine dell’iniziativa, Brunelli, come è normale che accada per chi ricopre un ruolo associativo, aveva riferito telefonicamente al presidente nazionale di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, l’andamento della discussione, le posizioni emerse, le critiche e le opinioni raccolte.
È proprio dopo quella telefonata di aggiornamento che, stando al racconto della presidente bolognese, è avvenuto l’episodio più grave. Mentre rientrava, in una strada dove non c’erano altre persone, uno sconosciuto l’ha raggiunta alle spalle, l’ha spinta con violenza contro il muro e poi l’ha buttata a terra ripetendo più volte: “Ritira tutto”. Non una rapina, non un litigio casuale, non una discussione degenerata: un atto mirato, con un messaggio chiaro e intimidatorio. L’avvocato ha riportato ematomi e un occhio gonfio ed è stata accompagnata al pronto soccorso per accertamenti. Contestualmente ha sporto denuncia ai carabinieri, che stanno raccogliendo elementi utili a risalire all’aggressore.
La dinamica, per come è stata ricostruita, non lascia molto spazio alle interpretazioni: siamo di fronte a un tentativo di pressione fisica e psicologica contro una rappresentante di categoria, colpevole soltanto di aver raccontato all’organizzazione nazionale ciò che era stato detto in un incontro pubblico. È un salto di qualità preoccupante. Le tensioni sul tema casa possono essere forti; le posizioni di Confedilizia, che rappresenta i proprietari, si batte per il rispetto della proprietà privata, chiede regole certe su occupazioni e morosità, possono anche non essere condivise da tutti. Ma colpire una persona sola, donna, in una strada isolata, utilizzando la violenza per condizionare un’associazione, significa superare ogni limite di civile convivenza.
Non a caso, lo stesso presidente nazionale Giorgio Spaziani Testa ha voluto sottolineare, come riportato nell’intervista, che né lui né la dirigente bolognese hanno alcun dubbio sul fatto che, in un Paese democratico, nessuno può pensare di mettere il bavaglio a chi rappresenta interessi legittimi e li espone in modo trasparente. Confedilizia, in questi anni, è stata spesso interlocutrice scomoda su molti dossier: dal dibattito sugli affitti brevi alla tutela dei piccoli proprietari, dalla gestione degli immobili occupati fino alla fiscalità sulla casa. Ma il confronto si fa nelle sedi opportune, non con le spintoni e le minacce.
È importante dirlo con chiarezza: un’aggressione di questo tipo non riguarda solo la persona colpita. Riguarda l’intero mondo delle associazioni di rappresentanza, che svolgono una funzione essenziale nell’equilibrio democratico. Se diventa rischioso raccontare a un presidente nazionale cosa è emerso in un’assemblea locale; se diventa pericoloso esprimere un giudizio critico su un’occupazione o su una rivendicazione; se chi sta “dalla parte dei proprietari” deve iniziare a guardarsi le spalle, allora significa che stiamo leggendo in modo distorto il pluralismo. Significa che stiamo accettando l’idea che possano esistere voci legittime e voci che invece possono essere aggredite. E questo non è tollerabile.
L’episodio di Bologna, inoltre, ha un altro elemento che merita di essere sottolineato: la dimensione di genere. Colpire una professionista, da sola, alle spalle, con violenza tale da farle battere il volto a terra, è un gesto che richiama quella cultura dell’aggressione fisica contro le donne che tutte le istituzioni stanno tentando di contrastare. Non è un caso che, nella ricostruzione, venga insistito sul fatto che l’aggressore fosse un uomo e che la vittima, in quel momento, fosse isolata. La scelta del luogo e del momento non è neutra: è il modo più facile per infondere paura, per dire “so chi sei e posso farti male”. Proprio per questo il reato non va letto solo come lesioni personali, ma come intimidazione alla persona e al ruolo.
Di fronte a tutto ciò non può che arrivare una solidarietà piena e convinta all’avvocato Elisabetta Brunelli. Solidarietà personale, perché è stata fisicamente colpita, e solidarietà istituzionale, perché è stata colpita in quanto dirigente di una struttura territoriale di Confedilizia. Non è un dettaglio. È giusto che il mondo delle professioni immobiliari, gli ordini professionali tecnici, le altre associazioni di categoria, le istituzioni locali e nazionali facciano quadrato, non per una difesa corporativa, ma per riaffermare il principio che il dialogo, anche aspro, non può mai degenerare in violenza.
La condanna deve essere ferma, senza ambiguità, anche da parte di chi, su molte questioni, non condivide le posizioni di Confedilizia. È esattamente in questi casi che si misura la maturità democratica: difendere la libertà di parola dell’avversario, la legittimità di un’interpretazione alternativa del diritto alla casa, la possibilità che un’associazione dei proprietari porti le proprie istanze dentro un’università senza per questo diventare un bersaglio. Nessuna battaglia sociale – nemmeno quella, sacrosanta, per garantire una casa a chi non ce l’ha – si può fare contro il diritto alla sicurezza e alla dignità personale di chi la pensa diversamente.
C’è poi un ultimo passaggio da mettere in evidenza. La vittima dell’aggressione aveva appena finito di fare ciò che si chiede sempre alla società civile: partecipare. Era andata a un incontro pubblico, aveva ascoltato, aveva riferito, si era resa disponibile al dialogo. Se dopo aver partecipato a un confronto la risposta è la violenza, il messaggio che passa è devastante: meglio non presentarsi, meglio stare zitti, meglio non rappresentare nessuno. È il contrario di ciò che serve ora, in un momento in cui il tema casa, tra caro mutui, scarsità di alloggi per studenti, tensioni sugli affitti brevi e rigenerazione urbana, ha bisogno di tutti i punti di vista seduti al tavolo, compresi quelli dei proprietari.
La vicenda di Bologna ci ricorda, infine, che il conflitto sull’abitare in Italia è diventato un terreno sensibile, dove si intrecciano diritti sociali e diritti patrimoniali, azione pubblica e legittime aspettative private. È un terreno sul quale è naturale che emergano contrapposizioni. Ma proprio per questo è necessario che chiunque operi dentro quel perimetro, amministratori, associazioni di inquilini, movimenti per la casa, organizzazioni dei proprietari, mondo accademico, riconosca reciprocamente la legittimità dell’altro. Oggi tocca a Confedilizia e alla sua presidente bolognese chiedere rispetto e sicurezza; domani potrebbe toccare a un’altra realtà. Mettere un argine oggi significa proteggerci tutti domani.
Perciò questo episodio va raccontato per quello che è: un fatto grave, che chiama tutti a una presa di posizione. Casa Radio è accanto all’avvocato Elisabetta Brunelli, senza se e senza ma. Accanto al diritto delle associazioni di rappresentare i propri iscritti senza temere ritorsioni. Contro ogni forma di violenza fisica, verbale o simbolica utilizzata per chiudere una discussione. Perché il dissenso, in democrazia, si esprime con le parole. Chi usa le mani ha già perso.









