Crepet ospite a “Buongiorno Italia”: La Flottilla, la pace e il coraggio del pensiero libero.

Il Professor Paolo Crepet è intervenuto  nel  Buongiorno Italia di Casa Radio,  dal direttore Giovanni Lacagnina. Figura tra le più autorevoli del panorama culturale italiano, psichiatra, sociologo, saggista e scrittore, Crepet ha offerto un intervento ricco di spunti, muovendosi con lucidità tra temi di grande attualità. Dal significato simbolico e concreto della Flottilla per Gaza, all’impegno dei giovani nelle proteste pacifiche, fino ai rischi sempre più evidenti di un’omologazione culturale che soffoca il pensiero critico, l’intervista si è distinta per profondità e chiarezza. Un confronto stimolante, capace di parlare non solo agli addetti ai lavori, ma anche a educatori, studenti e cittadini consapevoli, sensibili ai grandi cambiamenti del nostro tempo.

Una missione di pace, non un’azione politica

Fin dalle prime battute,  Crepet, ha voluto esprimere un giudizio netto sulla Flottilla, riconoscendole una natura umanitaria e pacifica. Non si tratta, ha spiegato, di un atto provocatorio o ideologico, ma di una scelta concreta e civile: portare aiuti umanitari, beni di prima necessità e presenza solidale alla popolazione civile di Gaza, colpita da una condizione drammatica e, in certi casi, dimenticata.

«È una missione di pace – ha detto con fermezza – non c’è altro modo di definirla. Quando si parla di pacifismo reale, non simbolico, bisogna pensare a gesti come questo: rischiosi, sì, ma dettati da valori profondi.»

Ha poi evidenziato le complessità geopolitiche che rendono la missione tanto necessaria quanto delicata. La Palestina, ha ricordato, non essendo formalmente riconosciuta come Stato sovrano, non può esercitare pieno controllo sulle proprie acque territoriali. Questo la espone a situazioni di estrema vulnerabilità, non solo dal punto di vista militare ma anche umanitario e legale.

Giovani, ideali e il confine tra protesta e violenza

Uno dei passaggi più sentiti dell’intervista è stato dedicato al ruolo delle nuove generazioni. Il sociologo ha espresso una sincera ammirazione per i giovani che decidono di impegnarsi, di mettersi in discussione, di scendere in piazza mossi da un senso di giustizia e solidarietà. Ha parlato del “coraggio degli ideali”, sottolineando come sia positivo che una parte del mondo giovanile non si rifugi nell’indifferenza, ma scelga di partecipare alla storia.

Allo stesso tempo, ha lanciato un avvertimento severo: la coerenza tra fini e mezzi è essenziale. «Il pacifismo – ha detto – non può trasformarsi nel suo opposto. Se una protesta pacifica degenera in violenza, assalti, vandalismi o blocchi alla vita degli altri cittadini, si tradisce il principio stesso su cui si fonda. È una contraddizione che va spiegata, che va assunta come responsabilità da chi partecipa.»

Crepet ha invitato gli studenti universitari, in particolare, a riflettere sul valore delle loro azioni e sul modo in cui vengono percepite. «Se vogliamo costruire un mondo più giusto, dobbiamo anche sapere come difendere la giustizia con strumenti adeguati. La violenza non può essere una risposta, nemmeno quando ci si sente giustamente indignati.»

Il valore del pensiero critico in un’epoca seduttiva

Nel corso dell’intervista,  ha anche parlato del suo nuovo libro, “Il reato di pensare”, che ha definito un saggio sulla libertà più profonda: quella del pensiero individuale, non condizionato, non conforme. Una libertà che, a suo dire, oggi è minacciata non tanto da regimi o divieti, quanto da una forma subdola di seduzione sociale. Una “nebbia silenziosa”, come la definisce nel testo, che non vieta, non ordina, non punisce apertamente, ma che orienta e modella i comportamenti, le parole, persino le emozioni.

Secondo Crepet , siamo immersi in un clima culturale che premia l’adattamento e penalizza la divergenza. Un conformismo gentile, pervasivo, che ci incoraggia a restare nella comfort zone, evitando rischi, evitando errori, evitando domande difficili. Ma è proprio in quella zona grigia che, secondo il saggista, si spegne il pensiero critico.

«La libertà – ha detto – non è uno slogan, ma un esercizio quotidiano, difficile, faticoso. Richiede dubbio, immaginazione, perfino disobbedienza. E soprattutto il coraggio di andare contro la corrente.»

Questo, ha spiegato, vale ancora di più per i giovani. Il culto della perfezione, la pressione a essere sempre “giusti”, “felici”, “performanti”, impedisce loro di sviluppare resilienza. Eppure, ha ribadito con forza, è nell’errore, nel fallimento, nella crisi che si cresce davvero. Le tempeste non vanno evitate a ogni costo, anzi, possono essere illuminanti. Possono aprire nuovi orizzonti, anche interiori.

Un manifesto contro l’omologazione

Tra riflessioni, riferimenti autobiografici e osservazioni culturali, il libro si configura come un vero e proprio manifesto per la libertà interiore. Crepet  invita ciascuno a riscoprire la potenza dell’autenticità, la bellezza del pensiero autonomo, la forza dell’immaginazione come atto politico. Contro l’omologazione culturale, contro la censura non dichiarata, contro la paura del dissenso.

In conclusione, l’intervista ha offerto un affresco sincero e complesso della nostra contemporaneità: un tempo in cui le guerre tornano a occupare le prime pagine, i giovani si dividono tra rassegnazione e ribellione, e il pensiero libero diventa un atto sempre più raro, quasi rivoluzionario.

Eppure, proprio da figure come Paolo Crepet, da voci capaci di mantenere uno sguardo critico e umano insieme, arriva l’invito a non arrendersi. A pensare, a dubitare, a educare alla libertà. E forse anche a ricominciare, partendo proprio da lì: dal diritto di pensare.

Ascolta ora il Podcast:

Buongiorno Italia | Intervista con Paolo Crepet
Puntata del 01/10/25
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