In questi giorni l’Iran ha rilasciato Cecilia Sala una giornalista italiana che tratta temi di cronaca internazionale. Potevamo oggi non occuparci delle giornaliste che sin da inizio Novecento hanno rischiato la vita per testimoniare la verità?
Martha Gellhorn col suo lavoro ha attraversato quasi cinque decenni, ha documentato i conflitti più importanti del suo tempo, raccontando non solo battaglie e strategie, ma anche il lato umano della guerra: le sofferenze, le speranze e i sacrifici delle persone comuni.
Nasce nel 1908 in Missouri.
La madre era un’attivista per i diritti delle donne, e questa influenza si fece sentire presto.
La sua prima esperienza significativa arrivò negli anni ’30, quando si trasferì a Parigi e iniziò a scrivere per il New Republic.
1936 Martha Gellhorn incontra in un bar della Florida «un uomo grande, trasandato, con dei pantaloncini bianchi sporchi e una camicia», seduto al tavolo a bere whiskey e leggere la posta. Quell’uomo era Hemingway, che in quel momento era un 39 anni già famoso per Fiesta e Addio alle armi, romanzi che lei aveva studiato all’università.
Nel 1937, Gellhorn si recò in Spagna per coprire la Guerra Civile Spagnola. Fu qui che iniziò a distinguersi come una corrispondente di guerra, documentando il conflitto con una prospettiva umanitaria.
Diceva: «Il luogo in cui voglio essere è dove esplode tutto, far parte della storia».
Hemingway decide di unirsi a lei facendosi accreditare da un’altra testata giornalistica, e insieme girarono e raccontarono l’Europa e il mondo di quell’epoca.
I due si sposarono nel 1940, ma Gellhorn non volle mai vivere all’ombra del celebre scrittore, insistendo sulla sua indipendenza professionale. Infatti, quando Hemingway cercò di impedirle di partire per coprire la Seconda Guerra Mondiale, lei si rifiutò e prese un posto su una nave ospedaliera per assistere allo sbarco in Normandia. Il loro matrimonio finì poco dopo.
Fu una delle pochissime giornaliste a coprire lo sbarco in Normandia del D-Day nel 1944. Per riuscirci, si nascose in un bagno di una nave ospedaliera, aggirando i divieti imposti alle donne reporter.
I suoi reportage dalla Normandia e dai campi di concentramento liberati, come Dachau, rivelarono al mondo l’orrore della guerra e del genocidio nazista.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Gellhorn continuò a coprire conflitti in tutto il mondo: dalla guerra in Vietnam a quella dei Sei Giorni in Medio Oriente, fino alle guerre civili in America Centrale negli anni ’80. Nonostante l’età avanzata, non si tirò mai indietro, portando sempre con sé una profonda empatia per le vittime civili.
La sua vita privata fu altrettanto intensa: ebbe numerose relazioni, ma scelse spesso la solitudine per concentrarsi sul suo lavoro e sulla sua scrittura. Pubblicò romanzi e racconti, ma rimase sempre più conosciuta per i suoi reportage.
Negli ultimi anni di vita, Gellhorn si ritirò a Londra e, afflitta dalla perdita della vista e da problemi di salute, si tolse la vita nel 1998.
Anche in Italia abbiamo avuto grandi inviate di guerra, da Oriana Fallaci, icona indiscussa del giornalismo mondiale, a figure contemporanee che hanno portato alla luce i conflitti del nostro tempo.
Oriana Fallaci – La pioniera del giornalismo di guerra
Oriana Fallaci (1929–2006) è stata una delle prime donne italiane a distinguersi come inviata di guerra. Ha coperto conflitti cruciali come la Guerra del Vietnam, la Guerra Indo-Pakistana e il conflitto arabo-israeliano. Con il suo stile diretto e incisivo, ha intervistato leader politici di fama mondiale, ma si è anche introdotta tra i soldati e i civili per raccontare la verità delle guerre.
Ilaria Alpi – La ricerca della verità a costo della vita
Ilaria Alpi (1961–1994) lavorava per il TG3 e si occupava del conflitto in Somalia durante la guerra civile. Con il suo collega Miran Hrovatin, stava indagando su un presunto traffico illegale di rifiuti tossici e armi. La sua determinazione a scoprire la verità le è costata la vita: entrambi furono uccisi in un agguato a Mogadiscio il 20 marzo 1994. La sua morte rimane avvolta nel mistero.
Una Vita Spezzata per la Ricerca della Verità è stata quella di Graziella De Palo.
Nata a Roma nel 1956, De Palo era una giovane reporter determinata a raccontare storie complesse e scomode, a dare voce ai dimenticati e a far luce sui retroscena più oscuri della geopolitica. La sua tragica scomparsa, avvenuta il 2 settembre 1980 in Libano, rimane una ferita aperta nella storia del giornalismo italiano.
Iniziò a collaborare con testate giornalistiche come Paese Sera e L’Astrolabio. Appassionata di questioni internazionali, si interessò subito al Medio Oriente, un’area del mondo tormentata da conflitti e tensioni geopolitiche. Aveva una visione del giornalismo come strumento di giustizia, convinta che il dovere di un reporter fosse svelare verità scomode, anche a costo di esporsi a grandi rischi.
Nell’estate del 1980, insieme al collega Italo Toni, De Palo si recò in Libano per indagare sui traffici di armi e sulle relazioni tra le milizie palestinesi e l’Italia. L’obiettivo era esplorare il legame tra le organizzazioni armate locali e il controverso Lodo Moro, un presunto accordo segreto che avrebbe garantito protezione ai cittadini italiani in cambio di concessioni politiche ai gruppi palestinesi.
I due giornalisti si trovavano in una zona pericolosa, dominata dalla guerra civile libanese e da una rete complessa di milizie armate.
Il 2 settembre 1980, De Palo e Toni lasciarono il loro hotel di Beirut per recarsi in una zona controllata dall’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Da quel momento, di loro si perse ogni traccia. La loro scomparsa rimane avvolta nel mistero, alimentata da una rete di silenzi, omissioni e presunti intrighi diplomatici.
Le indagini ufficiali, condotte tra ostacoli e ritardi, non hanno mai chiarito le circostanze della loro sparizione. La vicenda è stata avvolta dal segreto di Stato per decenni, sollevando sospetti sul coinvolgimento di apparati politici e di intelligence italiani e stranieri.
Graziella De Palo è diventata un simbolo del giornalismo coraggioso e della ricerca incessante della verità. La sua scomparsa ricorda il pericolo e il sacrificio che spesso accompagnano il lavoro di chi si impegna a raccontare i lati più oscuri del potere.
Le giornaliste e le inviate di guerra con la loro vita e professione hanno dimostrato che le donne, tutte le donne, possono svolgere qualsiasi lavoro anche quelli più pericolosi, che le donne sono e hanno diritto alla parità.
La parità ha mille sfumature e una di queste è il benessere sessuale in quanto diritto fondamentale e indicatore chiave di equità sociale e salute globale. Parlare di benessere sessuale significa affrontare temi complessi come la parità di genere, l’educazione sessuale, l’accesso alla salute riproduttiva e la lotta contro discriminazioni e stereotipi che spesso limitano la libertà e la sicurezza delle persone.
L’equità nel benessere sessuale implica che ogni individuo, indipendentemente dal genere, dall’orientamento sessuale, dalla condizione economica o dalla cultura, abbia accesso alle risorse, alle conoscenze e alle opportunità necessarie per vivere una vita sessuale soddisfacente, sicura e rispettosa.
Secondo l’OMS, la salute sessuale è parte integrante della salute generale e del benessere di una persona.
La tecnologia oggi è un potente strumento di Equità Sessuale, le innovazioni tecnologiche stanno trasformando l’accesso alla salute sessuale stanno diventando sempre più innovative, affrontando questioni legate alla salute fisica, mentale e relazionale.
Ad esempio:
- App e piattaforme educative offrono informazioni su contraccezione, salute riproduttiva e relazioni.
- Telemedicina: Consente di consultare esperti a distanza, abbattendo barriere geografiche.
- Intelligenza Artificiale: Analizza dati per migliorare la prevenzione e il trattamento delle malattie sessualmente trasmissibili.
Le app educative stanno cambiando il modo in cui le persone esplorano e comprendono la loro sessualità.
Ad esempio:
- Ferly: Un’app che combina mindfulness – consapevolezza di sé – e educazione sessuale per aiutare le persone a esplorare il proprio desiderio e piacere.
- Kindu: Aiuta le coppie a scoprire fantasie e desideri reciproci in modo discreto.
- Clover: Offre supporto per la salute sessuale, inclusi consigli e monitoraggio delle relazioni.
Sempre più performanti anche i dispositivi di Realtà Virtuale utilizzati, sia per scopi educativi, sia terapeutici, o i Sex Toys Intelligenti, o ancora i Wearable Tech, i dispositivi indossabili come:
- Oura Ring: Monitora la qualità del sonno e i livelli di stress, aspetti legati al benessere sessuale.
- PulseWear: Rileva segnali fisici legati all’eccitazione per comprendere meglio il proprio corpo.
La telemedicina poi consente un accesso più facile a professionisti della salute sessuale:
- Maven: Una piattaforma dedicata alla salute delle donne, inclusi aspetti legati alla sessualità.
- Planned Parenthood Direct: Offre consulti medici, prescrizioni per contraccettivi e test MST online.
Di Equità e Salute Globale ne parleremo, seguendo numerose direzioni, il prossimo 31 gennaio dalle 14:30 alle 19:00, a Europa Experience a piazza Venezia 6 in Roma.
L’ingresso è gratuito previa prenotazione a info@immaginecitta.org
L’evento è organizzato da ‘donna, immagine città’ con la partecipazione anche di Casa Radio.
Sito web: www.immaginecitta.org
Youtube: https://www.youtube.com/@donnaimmaginecitta
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Instagram: https://www.instagram.com/donna.immaginecitta/ – https://www.instagram.com/sonia.r.marino/
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