Benvenuti ad Abitare l’arte. Oggi passeggiamo insieme lungo una strada che sembra custodire l’anima creativa di Roma: Via Margutta. Basta svoltare da Piazza di Spagna e subito il traffico si spegne, le pietre del selciato cambiano suono e l’aria profuma di piante e vernici. È un vicolo che da secoli è rifugio di pittori, scultori, artigiani, registi. Un luogo sospeso, dove l’arte non si espone soltanto: si abita. Qui Gregory Peck, nel film Vacanze Romane, accoglie Audrey Hepburn nel celebre appartamento di via Margutta 51, consolidando un mito che già esisteva da secoli. Ma prima del cinema c’erano i colori, gli odori delle botteghe e la vita quotidiana di chi sceglieva di lavorare a pochi passi dal cuore barocco della città.
La storia comincia nel Medioevo, quando questa era una zona di orti e lavatoi. Il nome “Margutta” forse deriva da “maris gutta”, goccia d’acqua di mare, o da “margutta”, piccola marna, a ricordare la presenza di canali e fontane. Nel Cinquecento i cardinali e le grandi famiglie romane cercavano scultori e pittori per abbellire palazzi e chiese: la vicinanza a Piazza del Popolo e al Pincio rendeva questa stradina perfetta come quartiere di botteghe. Le case si riempirono di studi e cortili interni, e lentamente l’acqua lasciò il posto ai colori, le corde da bucato ai cavalletti. Si può dire che qui Roma abbia scoperto una nuova identità: un vicolo che diventa laboratorio collettivo, quasi una piccola città dell’arte dentro la città.
Con l’Ottocento arrivarono i pittori stranieri, attratti dalla luce di Roma e dal mito della classicità. Francesi, tedeschi, inglesi: tutti cercavano uno studio a via Margutta. Si creò una sorta di “colonia” cosmopolita, una Montmartre in salsa romana. I paesaggisti venivano a ritrarre le rovine, i vedutisti a catturare tramonti sul Tevere. Le pensioni e gli atelier condivisi favorivano scambi culturali, mentre le taverne ospitavano discussioni infinite su arte e politica. Passeggiando oggi, se alzi gli occhi, vedrai ancora i grandi finestroni pensati per far entrare la luce naturale: tracce architettoniche di quell’epoca febbrile in cui la strada parlava tutte le lingue d’Europa.
Il Novecento e la Scuola Romana
Nel Novecento Via Margutta divenne il cuore della Scuola Romana: Guttuso, Mafai, Scipione, Afro Basaldella, e molti altri trovarono qui un rifugio creativo. Non era solo un indirizzo, ma un modo di vivere: atelier che diventavano salotti, gallerie nate nei cortili, feste improvvisate. Federico Fellini e Giulietta Masina scelsero di abitarci, contribuendo a un’aura di cinecittà bohemien. Chi passava poteva incontrare pittori al lavoro accanto a registi e musicisti: l’arte non aveva confini. Ogni portone era una possibilità, ogni cortile un palcoscenico. È questo spirito, fatto di mescolanza e libertà, che ha reso la via un simbolo duraturo nel tempo.
La Fiera degli Artisti
Nel 1953 nacque la Fiera degli Artisti, appuntamento annuale che ancora oggi trasforma la via in una galleria a cielo aperto. Pittori, scultori, fotografi espongono direttamente sul selciato, a pochi passi dai passanti. L’idea era semplice e rivoluzionaria: portare l’arte fuori dalle sale chiuse, permettere a chiunque di acquistare un’opera e parlare con l’autore. Molti giovani talenti hanno iniziato qui, vendendo i primi quadri tra piante rampicanti e fontane. Durante quei giorni la strada diventa un fiume di colori e voci, un’esperienza che rende tangibile il concetto di “abitare l’arte” perché l’arte scorre tra le persone, non resta sospesa sui muri.
Oggi via Margutta ha resistito alla gentrificazione meglio di altri luoghi romani. Le gallerie contemporanee convivono con botteghe di artigianato, atelier di designer e antiquari. Passeggiare qui significa ancora ascoltare un’eco di passato e presente insieme: dal silenzio ovattato dei cortili alle nuove mostre, dalle antiche insegne ai neon delle gallerie. Abitare l’arte, in questo angolo di Roma, significa vivere un dialogo continuo tra memoria e innovazione. Vi invito, ascoltando queste parole, a immaginare di percorrere questo vicolo: lasciate che siano i vostri passi a scoprire il ritmo, e magari, una volta a Roma, fate davvero questa passeggiata. Perché via Margutta non è solo una strada: è un modo di guardare il mondo.










