Un passo audace, lungimirante e necessario. Così si può definire l’accordo siglato nei giorni scorsi tra FederItaly, una delle realtà più attive nella rappresentanza delle micro e piccole imprese italiane, e l’Università Internazionale di Roma, UNINT, unica in Italia a offrire un corso di laurea dedicato ai Beni di Lusso e al Made in Italy. L’intesa non è solo simbolica: rappresenta un’alleanza strategica che punta a trasformare in concretezza il dialogo, troppo spesso rimandato, tra mondo accademico e sistema produttivo, mettendo al centro formazione, internazionalizzazione e valorizzazione del saper fare italiano.
L’intesa è stata firmata presso l’Aula Magna dell’ateneo romano da Carlo Verdone, Presidente di FederItaly, e Fabio Bisogni, Presidente del Consiglio di Amministrazione di UNINT. Accanto a loro, figure chiave come Lamberto Scorzino, Segretario Nazionale di FederItaly, il professor Fabio Pistella, a capo del Comitato Scientifico del Centro Studi e Ricerche della Federazione, e il professor Lucio Sepede, membro dello stesso comitato.
Tra i punti cardine dell’accordo, spiccano:
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la costituzione di un Comitato Permanente di Indirizzo e Coordinamento, composto da sei membri (tre per parte), incaricato di definire e guidare le azioni congiunte;
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la creazione di un Osservatorio Permanente sul Made in Italy e la Cultura d’Impresa, pensato per diventare un riferimento nella raccolta, analisi e diffusione di dati, studi scientifici e buone pratiche a beneficio di imprese, accademici e istituzioni.
Ma non è tutto: il protocollo prevede tirocini curricolari per gli studenti, missioni internazionali, eventi di business matching, workshop formativi e ricerche congiunte su innovazione, sostenibilità e impresa.
Made in Italy: identità, creatività e competenze
«Quando parliamo di Made in Italy, ha detto Carlo Verdone in diretta su Bricks and Music, la rubrica di Casa Radio che ha raccontato in anteprima l’accordo, parliamo di una galassia di competenze e di creatività. Moda, architettura, ingegneria, meccanica, digitale… L’Italia eccelle dove c’è il talento di fare bene le cose».
L’ambizione è chiara: trasformare la narrazione del Made in Italy in un ecosistema integrato dove si generano sinergie concrete. E qui l’università assume un ruolo cruciale, non più come torre d’avorio ma come laboratorio in grado di connettere giovani, imprese e territori. In questa direzione va anche la scelta di avviare un tour nelle scuole e nei licei per far conoscere ai ragazzi un percorso universitario oggi più che mai strategico, come quello dedicato ai beni di lusso e alla cultura d’impresa italiana.
Giovani e imprese: le mani e la testa
«I ragazzi hanno bisogno di guardare le loro mani e capire quanto possano essere subito creativi con le mani e con la testa» – ha commentato un ascoltatore in trasmissione. Una visione che trova eco nelle parole dello stesso Verdone: «Vogliamo dare agli studenti un accesso reale al mondo produttivo italiano. Il tirocinio nelle nostre imprese associate non è un passaggio formale, ma un’esperienza concreta che potrà orientare il loro futuro».
E non si tratta solo di orientamento: è stata realizzata una piattaforma scientifica, ideata da Marco Parachini, presidente del comparto Lavoro e Previdenza di FederItaly, che consente ai ragazzi di testare la propria vocazione imprenditoriale. Un test unico al mondo, con una validazione accademica di livello, che sarà utilizzato nelle scuole e nei percorsi universitari per aiutare gli studenti a scegliere consapevolmente il proprio futuro.
L’osservatorio permanente: dati, ricerca e politiche pubbliche
Il cuore strategico dell’accordo resta però l’Osservatorio Permanente sul Made in Italy e la Cultura d’Impresa, coordinato con rigore scientifico dal Centro Studi e Ricerche di FederItaly. L’obiettivo? Dotare l’Italia di un centro stabile di raccolta dati e analisi sulle dinamiche che interessano il Made in Italy, fornendo strumenti affidabili a manager, imprese e decisori politici.
«Abbiamo bisogno di informazioni verificabili, attendibili, tempestive, ha spiegato Verdone, perché senza dati reali non si costruisce una strategia né si affronta il cambiamento». Una necessità oggi vitale, visto che l’Italia sconta da anni un deficit strutturale in termini di cultura della misurazione e analisi comparata sui propri punti di forza industriali.
La crociera del Made in Italy: un Expo galleggiante nel Mediterraneo
Tra le iniziative più sorprendenti emerse durante la trasmissione su Casa Radio, spicca la prima edizione della “Crociera del Made in Italy”, che si terrà sulla MSC Grandiosa. Un format inedito, a metà tra l’incoming turistico e l’Expo internazionale: otto giorni di navigazione tra Marsiglia, Valencia e altre tappe del Mediterraneo, con oltre 6.500 passeggeri e 20 aziende italiane a bordo pronte a raccontare, mostrare e commercializzare i propri prodotti.
«Porteremo il meglio dell’Italia produttiva in un contesto iconico, elegante, innovativo, ha sottolineato Verdone, coinvolgendo imprenditori locali nei porti di sosta per occasioni di business matching. E chissà, magari ne verrà fuori anche un film, visto che sul molo, per puro caso, abbiamo incrociato anche il mio omonimo impegnato in un sopralluogo cinematografico…».
Lingue, soft skills e tecnologia: la sfida dell’educazione globale
Lo ha detto bene Fabio Bisogni, presidente del CdA UNINT, durante la cerimonia della firma: «La formazione accademica deve passare attraverso le lingue, le soft skills e la padronanza delle tecnologie. Ma soprattutto deve dialogare con le imprese». Non è un’opzione: è un dovere.
L’Italia ha il potenziale di giocare in Champions, ma deve superare i propri limiti storici, a partire dalla conoscenza dell’inglese e dall’integrazione dell’innovazione nei percorsi formativi. In questo, la tecnologia oggi aiuta: app, corsi online, scambi internazionali sono strumenti che possono colmare il gap. Ma servono visione, alleanze e investimenti.
In un’Italia che spesso si perde in frammentazioni, annunci e immobilismi, la firma di questo accordo rappresenta una boccata d’ossigeno e un esempio virtuoso. Non solo per quello che realizza, ma per il metodo che propone: collaborazione, visione, pragmatismo.
È il segnale che, forse, il Made in Italy può tornare a essere non solo un’etichetta vincente, ma un progetto di paese. Uno che forma, include, crea e difende. Con le mani, la testa e il cuore.