L’aria di Reykjavik, a poco più di 5 gradi centigradi, taglia il viso come un bisturi. Sullo sfondo, il Vatnajökull, quarta calotta glaciale del pianeta per volume. È da qui che Marco Vinci, geologo e coordinatore del progetto Iceland Stop Global Warming, si collega in diretta con Casa Radio, per un’intervista esclusiva condotta nell’ambito della rubrica Bricks and Music, a pochi minuti dall’apertura ufficiale della Giornata Mondiale dell’Ambiente.
A Roma, intanto, l’asfalto riflette i 30 gradi che bagnano la capitale di luce e di inquietudine. La distanza tra Islanda e Italia si misura, più che in chilometri, in gradi Celsius e nella percezione del rischio. Ma la voce di Vinci, tagliente e lucida, accorcia le distanze: “Il ghiaccio non mente. La natura parla, bisogna saperla ascoltare.”
“Monitoraggio partecipato”: scienza e consapevolezza
Il progetto Iceland Stop Global Warming nasce con un obiettivo preciso: monitorare sul campo i cambiamenti nei ghiacciai islandesi, coinvolgendo anche cittadini, studenti e delegazioni scientifiche. Un “monitoraggio partecipato”, così lo definisce Vinci, per rendere accessibile a tutti l’osservazione diretta degli effetti del riscaldamento globale.
In Islanda – spiega il geologo – la regressione dei ghiacci è un fenomeno reale, ma non sempre spettacolare. “Stiamo osservando una ritirata graduale delle fronti glaciali, che potrebbe rientrare in una dinamica naturale. Ma l’accelerazione è evidente. È l’uomo che amplifica il ritmo.”
E così, la calotta del Vatnajökull diventa il termometro di un pianeta in febbre. Con Vinci, anche una delegazione dell’Ordine dei Geologi del Lazio, guidata dal Presidente, per una campagna scientifica destinata a rafforzare il legame tra osservazione ambientale e politiche di mitigazione climatica.
Geotermia: un’energia antica per un futuro sostenibile
Ma non è tutto perduto. Il cuore dell’intervento di Vinci, e del suo viaggio in Islanda, è la geotermia. “È la spina dorsale dell’energia islandese.” L’energia geotermica, infatti, sfrutta il calore presente nel sottosuolo per generare elettricità o riscaldare edifici. È pulita, rinnovabile e a bassissimo impatto ambientale.
Vinci ricorda che l’Italia è stata pioniera in questo campo: “Ad Arderello, in Toscana, già all’inizio del Novecento si sperimentava la produzione di elettricità da sorgenti geotermiche.” Eppure oggi, nel Paese del sole e delle terme, la geotermia è frenata da ostacoli burocratici, scarsa informazione e pregiudizi. “La geotermia si divide in alta, media e bassa entalpia,” spiega. “Quella ad alta entalpia serve per la produzione di energia elettrica, e richiede aree con alta attività geotermica. Ma la bassa entalpia è applicabile ovunque, anche in contesti urbani. Serve solo una pompa di calore e un po’ di coraggio politico.”
Secondo i dati del CNR, l’Italia avrebbe un potenziale geotermico pari a circa 10 TWh/anno, ma ne sfrutta meno del 10%. Una risorsa dormiente, pronta a entrare in gioco in un contesto energetico che guarda sempre più all’autonomia e alla sostenibilità.