Fabio Verna: “Senza Draghi Italia a rischio default”

Fabio Verna: “Senza Draghi Italia a rischio default”.
L’economista, in diretta ai microfoni di Casa Italia Radio, durante il Buongiorno Casa Italia, condotta da Giovanni Lacagnina, spiega le conseguenze del Paese senza il proseguo dell’attuale Governo.

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Buongiorno e grazie a Casa Italia Radio per l’opportunità che mi concede di intervenire nella vostra trasmissione.

L’abbiamo vista sabato mattina, in Rai, complimenti.

Al di là della crisi di governo ci sono molti, molti problemi. Direi un’Italia in affanno. Mai era accaduto dal dopoguerra. Spread, inflazione, caro prezzi, salari insufficienti e tutti i problemi relativi alla crisi energetica e al gas. Che momento è questo dal punto di vista economico?

È un momento molto difficile perché si è verificata quella che noi studiosi di fattori economici, chiamiamo tempesta perfetta. Usciamo da una pandemia sanitaria, se ne siamo ancora usciti perché anche in questo i medici virologi sono in contrapposizione fra loro, affrontiamo dopo un periodo veramente critico con i look down e con tutte quelle situazioni che hanno messo a dura prova tutto il settore turistico, alberghiero, il settore dei trasporti e purtroppo entriamo in una guerra, una guerra economica. Noi italiani non abbiamo truppe sul campo, ma stiamo comunque combattendo la guerra delle sanzioni e purtroppo da economista ho la sensazione che questa guerra delle sanzioni la stiamo perdendo; perchè è complicato per una nazione manifatturiera, non vale solo per l’Italia, anche la Germania, nota per essere la locomotiva d’Europa, sta subendo tanto quanto l’Italia la carenza di gas. E’ di stamane la notizia che, nonostante le sanzioni, i tedeschi stanno rimandando a Gazprom l’azienda che negozia il gas russo in tutto il mondo questo elemento importantissima del gasdotto Stream uno perché chiaramente senza queste valvole la Russia non può fornire il gas alla Germania e i tedeschi stanno soffrendo. Il problema del gas è un problema strutturale molto, molto grave, che va a sommarsi ad altri problem senza voler aggiungere il problema della siccità, che penalizza fortissimamente la nostra agricoltura, e chiaramente incremento dei prezzi, inflazione e tutte queste cose che noi stiamo seguendo e conosciamo già da tempo.

Ecco, allora cerchiamo di capire quello che potrebbe accadere se malauguratamente Draghi, mercoledì, quando si presenterà alle Camere decidesse di lasciare l’esecutivo. Quali sarebbero i danni dal punto di vista economico?

Il primo danno grave è per il PNRR che, ricordiamolo, quando venne presentato da Conte e rigettato dall’Unione Europea, era un sintetico documento di circa 500 pagine.

 Invece il PNRR voluto e riscritto dal governo Draghi è uno strumento su sei comparti produttivi importantissimi da 2400 pagine, che funziona col concetto dello stadio di avanzamento lavori per cui già una una fuoriuscita dal governo di Draghi che è nei confronti dell’Europa, della Ursula von derr Layen, di tutte quelle che sono le strutture che a monte seguono questo finanziamento internazionale enorme, parte a fondo perduto e parte a debito per il nostro Paese, ma comunque un elemento per rilanciare l’economia italiana, per modernizzare il Paese, chiaramente, se cade il garante di questo strumento, potrebbero cadere diversi stadi avanzamento lavori del PNRR con una perdita e con un danno per il sistema Paese, veramente notevole. E questo è il primo passaggio.

Abbiamo in questo momento il decreto aiuti che deve essere ratificato. E un decreto aiuti da circa 30 miliardi potrebbe o essere falcidiato o non essere messo in campo e questo danneggerebbe troppo il cittadino, le famiglie, i ceti meno abbienti perché, anche se su talune cose potrebbe essere migliorato o incrementato, sicuramente è un primo passaggio per cui il governo italiano si rende conto di questa crisi economica che sta mordendo fortemente il Paese, per cui il decreto aiuti, servirebbe. Poi c’è la legge finanziaria che è la legge principale e di ogni annualità dei nostri governi che cade chiaramente a settembre e ci troveremmo in un momento elettorale, in un momento elettorale in cui il Parlamento non potrebbe chiaramente prima predisporre e poi deliberare sulla legge finanziaria con un ulteriore danno gravissimo e il rischio addirittura di andare in quello che la Costituzione chiama l’esercizio provvisorio, ovverosia una sorta di periodo sospensivo, di potestà parlamentare. I rischi per il nostro Paese, in questo momento, sono molto, molto gravi, si è parlato nell’ultimo anno e mezzo di governo di unità nazionale e credo che quando si parla di un governo di unità nazionale, i singoli partiti dovrebbero mettere da parte le proprie bandierine e ricordarci che la bandiera del Paese è il tricolore e per cui, anche a costo di penalizzare i singoli programmi elettorali, fare un passo indietro e mettere l’ Italia, il Paese, il sistema Paese, le necessità dei nostri concittadini che sono fortissimo al centro.

Pensando poi al salario minimo. Ci sono nostri concittadini che vengono remunerati meno di 9€ l’ora, che già è una soglia piuttosto alta. Poi c’è il problema del cuneo fiscale, dove dalla busta paga di un nostro dipendente, nostro in senso lato come sistema-Paese, ci sono delle detrazioni veramente notevoli, per cui l’imprenditore, il datore di lavoro sborsa una somma significativa, ma il netto che arriva in busta paga è estremamente falcidiato. Se noi non aumentiamo questi guadagni penalizzano i cosiddetti consumi interni. I consumi interni sono tutto quello che ciascuno di noi ogni giorno, dal caffè al bar della mattina, al biglietto della metropolitana, al fare la spesa al supermercato, al consumo di energia elettrica, fa concorrere al prodotto interno lordo, per cui questo è un ulteriore danno che rimbalza sul Paese.

Quindi senza Draghi l’Italia si avvierebbe verso un vicolo cieco?

Ci avvieremmo verso delle elezioni che capiterebbero in un momento molto, molto difficile del Paese, io sono sempre stato un fautore della possibilità che i nostri cittadini possano votare, anzi usciamo da una serie di governi in cui il voto è stato rimbalzato e rimpallato in più di un’occasione. Ma quando oramai la scadenza naturale della legislatura è fra un semestre e ci troviamo invece in un semestre difficilissimo, con una guerra combattuta sul campo dall’esercito ucraino e dall’esercito russo, ma a livello internazionale una guerra di natura economica che coinvolge tutto l’Occidente con situazioni di inflazione da attivare, crisi energetica principalmente, con situazioni di disoccupazione, con perdita di posti di lavoro. Continuo a dare notizie nefaste, anche se lei mi conosce per essere un inguaribile ottimista. Se chiude un’azienda, due aziende e tre aziende interviene inizialmente la cassa integrazione e una serie di ammortizzatori sociali che sono, fra le altre cose, a carico dell’Inps. Ma se chiudessero, e speriamo davvero di no, tante, tante migliaia di nostre imprese, si creerebbe quella che, tristemente ne discuteremo anche in un’altra trasmissione televisiva in cui in dialogo con Landini, si arriverebbe a una macelleria sociale, si creerebbe una una profonda liquefazione del sistema produttivo italiano e sarebbe un danno difficilmente sostenibile anche dalla nostra economia. Tra l’altro, se le aziende chiudono, diminuisce il gettito fiscale e se diminuisce il gettito fiscale, il sistema Paese per cui le pensioni, le previdenze, i servizi sanitari, eccetera, eccetera ne risulterebbero ancor più penalizzati. Non conosco Draghi bene come tanti altri operatori economici, l’ho incontrato in un paio di occasioni a Palazzo Koch quando era governatore della Banca d’Italia, ma lui è un uomo estremamente pragmatico, guarda i fatti e si indispettisce quando, di fronte a fatti che hanno una priorità assoluta, appunto le riserve di gas e la siccità, l’inflazione che danneggiano in maniera notevole il cosiddetto carrello della spesa di ciascun cittadino italiano, di fronte a queste cose trovarsi a disquisire sul termovalorizzatore di Roma, che è un fatto che non afferisce alla Presidenza del Consiglio ma al Comune di Roma, al massimo in concomitanza con la Regione Lazio. E poi immaginare un presidente del Consiglio chiamato a problemi di caratura internazionale e di rilancio del sistema economico del Paese, trovarsi a scontrarsi con le forze che sostengono la sua pur ampia maggioranza e che comunque ricordiamo a tutti che Draghi, anche in assenza del voto del Movimento cinque Stelle, ha i numeri per rimanere a Palazzo Chigi senza se e senza ma. Questa è forse la prima crisi costituzionale di un governo che, pur avendo ancora la maggioranza di chi gli consente di governare, questo dipende dall’uscita del ministro degli Esteri Di Maio dal Movimento cinque Stelle che si è portato via con sé oltre 70 parlamentari, diminuendo di circa 1/3 la forte pattuglia dei parlamentari dei cinque Stelle eletti nel 2018 e piano piano già aveva perso molti pezzi e sta continuando anche in questi momenti. Vi è anche in questi giorni, anche ieri, che era domenica una diaspora interna fortissima e ci si aspetta da un momento all’altro un’ulteriore fuoriuscita di parlamentari del Movimento cinque Stelle parte per andarsi a riunificare con il gruppo di Di Maio, parte per andare al gruppo misto ed è una situazione per cui ancora di più la posizione così intransigente del presidente Conte appare incomprensibile, perché sta comunque anche danneggiando un pò il suo schema politico, il suo organigramma di partito. Il gas si trasporta dentro queste enormi pipeline, questi grandi tubi, ne abbiamo sentito parlare recentemente, stream uno, stream due, a parte che il gas russo in Italia non passa sui gasdotti Nord Stream, ma passa su un gasdotto che invece scende per l’Europa nella Mitteleuropa e arriva in Italia, a Tarvisio. L’Algeria è una degli altri pochi fornitori che ha queste pipeline che passano sul fondo del Mediterraneo e che consentono all’Algeria di vendere direttamente il gas all’Italia. Torniamo a l’Eni di vecchia scuola, che fu intelligentemente così attenta nel comprendere che il gas non si può trasportare, cioè è possibile, ma è molto, molto oneroso e molto complicato trasportarlo via mare. Tra le altre cose, il gas trasportato con le navi, con questi enormi serbatoi che devono viaggiare a -140 grad poi va riclassificato per essere rimesso in rete con procedimenti costosi, complicati e sicuramente non funzionali come le pipeline, come i gasdotti. Ed ecco perché Draghi è andato scortato da ben sei ministri in Algeria, in questo momento, per ampliare il più possibile queste forniture di gas algerino e sopperire per cui al gas russo, che è una delle nostre fonti di maggior efficientamento del sistema produttivo italiano.

 La ringraziamo tanto per essere intervenuto qui ai microfoni di Casa Italia Radio,  ci sentiamo presto.

Spero la prossima volta di essere portatore di buone notizie. Anche se una buona notizia già potrei darla. Il gestore dei servizi elettrici vorrebbe forzare la riapertura di quelle piattaforme che sono sul mare Adriatico, ma di proprietà dello Stato italiano, che possono irrorare il gas italiano estratto sotto il mare mare Adriatico.

Potrebbero essere  un grosso contributo per le forniture tra le altre cose, a bassissimo costo.

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