Coltivare è stato il gesto che ha permesso all’uomo di mettere radici, di passare dal nomadismo alla civiltà. Oggi però quel gesto, che dovrebbe essere il più semplice e naturale, sembra diventato un’impresa. La terra si impoverisce, l’acqua scarseggia, i campi si coprono di cemento o di pannelli fotovoltaici, e l’agricoltura, schiacciata tra logiche economiche e politiche, rischia di perdere la propria funzione originaria: quella di nutrire.
Per Paolo Caruso, agronomo e fondatore di Foodiverso, il cibo non è solo una risorsa materiale, ma un linguaggio che racconta chi siamo. «Non è solo nutrimento — spiega — ma un insieme di fattori politici, culturali e sociali che descrivono il nostro modo di abitare il pianeta». Tuttavia, quel linguaggio si è deformato. Da esperienza comunitaria e rituale è diventato un gesto di consumo, spesso di ostentazione. La comunicazione, che dovrebbe educare alla complessità, ha contribuito a ridurre il ruolo del contadino a quello di un fornitore marginale, dimenticando che ogni civiltà nasce dal suo rapporto con la terra.
È da questa consapevolezza che nasce Foodiverso, un progetto pensato per ridurre la distanza culturale e simbolica tra chi produce e chi consuma. «Voglio far capire la differenza tra chi produce alimenti industriali e chi produce cibo vero, sano e sostenibile» spiega Caruso. «Il cibo non è una merce, ma un atto di relazione. Ogni scelta alimentare è anche una scelta di cittadinanza».
Nel suo sguardo, la sostenibilità non è un’etichetta da apporre sui prodotti, ma un equilibrio complesso tra dimensione ambientale, economica e sociale. Quando una di queste prevale sulle altre, il sistema si rompe. È quello che accade oggi: un’agricoltura che produce tanto ma consuma di più, che cresce in efficienza ma perde in senso. «L’agricoltura intensiva è sostenibile solo dal punto di vista economico — afferma — ma dal punto di vista ambientale e sociale è un disastro. I suoli si esauriscono, l’acqua scarseggia, le comunità rurali scompaiono».
Ciò che emerge è una questione di scala e di misura. Modelli virtuosi su piccola scala — un’azienda familiare, una filiera corta — si trasformano in meccanismi insostenibili quando vengono replicati in grande. Il principio di quantità diventa nemico della qualità. E mentre i campi si svuotano, la transizione energetica conquista terreno. «Installare pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli — avverte Caruso — significa abbandonare la terra. È un modello che spinge gli agricoltori alla resa: l’energia diventa più redditizia del cibo, e così la terra smette di nutrire».
Nel nome della sostenibilità si rischia di cancellare il paesaggio agrario, che non è solo spazio produttivo ma memoria, biodiversità e identità collettiva. È il paradosso della contemporaneità: ciò che nasce per salvare la natura finisce per sostituirla.
Allo stesso tempo, mentre la terra si svuota, anche il cibo si allontana dalle sue origini. Carne coltivata, farine di insetti, proteine sintetiche vengono presentate come soluzioni “green”, ma per Caruso rappresentano soprattutto un nuovo mercato, non un nuovo modello di sostenibilità. «Stiamo tentando di sostituire la natura con la tecnologia — osserva — ma così rischiamo di perdere il valore culturale del cibo. L’alimentazione non è un processo industriale: è un atto di relazione con la terra, con gli altri, con il tempo».
E se l’Italia, con la sua biodiversità e la sua cultura gastronomica, è un laboratorio di equilibrio tra tradizione e innovazione, allora — dice — «abbiamo il dovere di difenderla dall’omologazione alimentare che ci spinge verso un futuro standardizzato».
La tecnologia non è il nemico, ma uno strumento da usare con consapevolezza. L’intelligenza artificiale può migliorare la ricerca, ridurre gli sprechi, ottimizzare l’irrigazione, ma non è neutra. «I datacenter che la alimentano consumano enormi quantità di energia e acqua» ricorda Caruso. «Non possiamo curare la crisi ecologica con le stesse logiche che l’hanno generata».
L’innovazione, per essere sostenibile, deve essere culturale: imparare a fare di meno ma meglio, a scegliere la qualità invece della quantità, a usare la tecnologia come alleato e non come sostituto della terra.
In questo scenario complesso, il consumatore diventa protagonista. Le nostre scelte quotidiane non sono marginali: orientano la produzione, influenzano i mercati e disegnano il paesaggio del futuro. «Nel 2018 — racconta Caruso — è diventato obbligatorio indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta. Le industrie si opposero, ma i cittadini premiarono chi usava grano italiano. Oggi quasi tutte le confezioni lo dichiarano. È stata la domanda a cambiare l’offerta».
Un esempio che mostra come la sostenibilità non nasca da leggi o protocolli, ma da un cambiamento di coscienza collettiva. «Siamo noi — sottolinea — a dover dire alle aziende cosa produrre, non il contrario».
Il futuro del cibo dipende dunque dalla nostra capacità di ritrovare equilibrio tra ambiente, economia e cultura. Se continueremo a considerare la terra una semplice risorsa, perderemo anche la possibilità di abitarla. Ma se torneremo a percepirla come una relazione vitale — da curare, rispettare e ascoltare — allora “coltivare” tornerà a essere possibile.
«Ogni volta che scegliamo cosa comprare e cosa cucinare — conclude Caruso — stiamo seminando un pezzo di futuro. Coltivare oggi significa tornare a prenderci cura: della terra, degli altri e di noi stessi».
Chi è Paolo Caruso
Lavora attualmente presso il Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università degli Studi di Catania. Ha all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche presenti su riviste scientifiche nazionali e internazionali. Si occupa di coltivazioni erbacee, agronomia e delle tematiche legate alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza e sovranità alimentare, collaborando per questi temi anche con gli Emirati Arabi Uniti. E’ uno dei principali esperti di agro-biodiversità siciliana e di tutela e valorizzazione dei prodotti del territorio isolano. Fondatore del progetto Foodiverso
Link a Foodiverso: https://www.facebook.com/Foodiverso/
Link a Paolo Caruso: https://it.linkedin.com/in/paolo-caruso-51a431253
Crediti fotografici Pixabay_wqqh87ok4g










