Architettura e sostenibilità, il futuro si disegna a Venezia: Francesco Bedeschi racconta il padiglione USA alla Biennale

Dalla Biennale di Architettura di Venezia, Francesco Bedeschi – Direttore del Rome Center della University of Arkansas – guida la rappresentanza americana con un padiglione all’insegna del minimalismo sostenibile.

In una Venezia vibrante e affollata, con oltre 45.000 visitatori già registrati, la Biennale di Architettura si conferma ancora una volta uno dei luoghi dove il futuro prende forma. Ed è proprio tra le calli e i padiglioni affacciati sull’acqua che si è svolta l’intervista a Francesco Bedeschi, architetto e docente, Direttore della sede romana della University of Arkansas, figura chiave nella realizzazione del padiglione statunitense.

«Abbiamo scelto un approccio radicalmente sostenibile, ma anche pedagogico» spiega Bedeschi, con la voce piena di entusiasmo e concretezza. Il padiglione USA, curato dal team accademico della University of Arkansas, è stato costruito interamente in legno proveniente da foreste entro 150 chilometri da Venezia, con un piano di riciclo completo per il post-esposizione. Nessun eccesso formale, nessuna architettura autoreferenziale: il progetto risponde ai criteri della decrescita intelligente, ispirandosi a una cultura del costruire leggera, responsabile, accessibile.

«Ci siamo chiesti – prosegue – che tipo di architettura vogliamo insegnare ai nostri studenti. E la risposta è stata chiara: quella che dialoga con il contesto, che consuma meno, che lascia spazio alla vita e alla natura. In questo senso, Venezia è un palcoscenico perfetto». Il direttore sottolinea come l’intero progetto sia stato ideato anche per stimolare una riflessione transatlantica sul futuro dell’abitare, evitando ogni retorica: «Nessuna polemica, nessuna posizione ideologica. Solo un lavoro onesto sul senso dell’architettura oggi».

Questa edizione della Biennale è curata da Carlo Ratti, architetto e innovatore, noto per i suoi studi sull’interazione tra città, dati e sostenibilità. La mostra si sviluppa, come di consueto, tra Arsenale e Giardini, ma è proprio nella sinergia tra i vari padiglioni nazionali che si percepisce la direzione culturale dell’evento. «Il lavoro di Ratti ha avuto il merito di riportare al centro il tema dell’abitare sostenibile come gesto quotidiano e collettivo – osserva Bedeschi –. Il nostro padiglione si inserisce perfettamente in questo quadro, affiancando progetti che vanno dalla serra high-tech del Belgio ai modelli modulari del padiglione spagnolo».

La passeggiata attraverso i padiglioni stranieri diventa un viaggio nella diversità dei linguaggi. Nel padiglione del Belgio, una serra interna attrezzata con sensori monitora temperatura, umidità e qualità dell’aria, dimostrando come l’architettura possa diventare parte di un ecosistema vivo. Anche la Spagna propone soluzioni di grande interesse, con modelli di edifici sostenibili replicabili nelle periferie urbane. Bedeschi sottolinea: «Non è solo una questione estetica, ma di comportamenti abitativi. Gli edifici devono insegnarci a vivere meglio, non solo a stupire».

Più controverso, invece, il dibattito generato dal padiglione austriaco, che ha innescato una polemica tra Roma e Vienna sul social housing. «Sinceramente – commenta Bedeschi – questo tipo di scontro ideologico finisce per sviare l’attenzione dai veri problemi. In un contesto come la Biennale, servirebbe più ascolto e meno provocazione».

In occasione del 4 luglio, il padiglione USA ha organizzato la PorchFest, evento simbolico e partecipato, in programma alle ore 12:00: una celebrazione della cultura vernacolare degli Stati del Sud, con attività interattive, workshop, musica folk dal vivo e sessioni dedicate ai mestieri dell’artigianato. Un piccolo festival nel festival, che mira a mostrare l’altro volto dell’architettura americana: quello domestico, semplice, conviviale.

«La porch, cioè il portico delle case americane, è un luogo di scambio e comunità – racconta Bedeschi –. Abbiamo voluto portare questo spirito a Venezia, non con installazioni digitali, ma con persone, storie e gesti reali».

Francesco Bedeschi dirige da anni il Rome Center della University of Arkansas, una delle principali sedi universitarie americane in Italia. Attualmente, sono 240 gli studenti presenti a Roma per una summer school di 5 settimane. Un numero significativo, che colloca l’Italia ai vertici delle destinazioni estere scelte dagli studenti statunitensi. «Eppure – osserva con una nota critica – solo il 2% degli studenti americani studia all’estero. Parliamo di circa 45.000 presenze all’anno in Italia, ma è ancora troppo poco rispetto alle potenzialità formative e culturali che il nostro paese offre».

Il Rome Center offre corsi che spaziano dall’urbanistica alla progettazione sostenibile, passando per l’analisi del tessuto storico. «Vivere e studiare a Roma significa confrontarsi ogni giorno con stratificazioni millenarie. È un’esperienza che cambia la prospettiva del futuro architetto».

L’intervista con Francesco Bedeschi ci restituisce l’immagine di un’America architettonica colta, consapevole, impegnata. Lontana dagli stereotipi della spettacolarità, e più vicina a un’idea di sostenibilità concreta, diffusa, accessibile. E, soprattutto, desiderosa di dialogare con l’Italia.

«L’architettura è uno dei ponti culturali più solidi che abbiamo – conclude Bedeschi –. E in un’epoca di cambiamenti climatici e crisi sociali, la responsabilità del progettare diventa una sfida globale. La Biennale di Venezia è il luogo ideale per costruire questa nuova alleanza».

Ascolta ora il Podcast:

BRICKS AND MUSIC | Francesco Bedeschi
Puntata del 04/07/25
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