«Addio a Nicola Pietrangeli, campione gentiluomo del tennis, icona senza tempo»

Proprio nel giorno del compleanno di Luciano Re Cecconi, ci ha lasciati il grande Nicola Pietrangeli. È come se le misteriose trame della vita avessero voluto intrecciare ancora una volta i loro nomi nel grande cielo biancazzurro, unendo due uomini che, in modi diversi, hanno regalato emozioni indelebili alla storia dello sport italiano.
E come se non bastasse, il destino ha voluto che questo addio arrivasse anche nel giorno dell’anniversario della scomparsa di Tommaso Maestrelli, avvenuta proprio il 2 dicembre di 49 anni fa. Il Maestro, il tecnico più amato dalla gente laziale, il padre di una squadra irripetibile. Tre nomi, tre leggende, unite dallo stesso giorno, dallo stesso colore, dallo stesso respiro di eternità. Pietrangeli, che amava allenarsi con i ragazzi del ’74, ha così compiuto un ultimo, inatteso gesto simbolico: un’ulteriore e struggente connessione con la Lazio, la sua squadra del cuore.

Per me, il ricordo di Nicola non è soltanto quello del campione leggendario, ma quello di un uomo gentile, capace di piccoli gesti che svelavano, più della sua fama, la sua vera grandezza. Lo conobbi nel novembre del ’73, in un momento che non dimenticherò mai. Con una disponibilità che ancora oggi mi commuove, mi autorizzò a utilizzare il suo armadietto a Tor di Quinto — la tuta e gli scarpini compresi — in occasione del mio provino con la Lazio di Maestrelli. Un gesto semplice, in apparenza, ma che per me, ragazzo pieno di speranze e tremori, significò un incoraggiamento profondo, un segno di fiducia che porto ancora nel cuore.  Ricordo con affetto anche il giorno in cui fu mio ospite sui grandi schermi dello Stadio Olimpico, durante una partita della Lazio , elegante e sorridente, con quello sguardo vivido di chi sa raccontare la propria storia senza mai far pesare la propria gloria. Quel giorno lo stadio sembrava ascoltare in religioso silenzio, come se la sua voce avesse il potere di sospendere il tempo.

E poi c’è un’immagine che resterà per sempre scolpita nella mia memoria: una mattina assolata al Foro Italico. Nicola arrivò con il suo passo tranquillo, lo stesso passo di chi ha visto il tennis trasformarsi attraverso le epoche senza perdere un briciolo del proprio stile. Portava con sé una racchetta di legno, lucidata da anni di battaglie e vittorie, e un sorriso lieve, contagioso, come se ogni nuova giornata sui campi fosse, per lui, un dono inatteso.

Si fermò con tutti: con i raccattapalle, con i ragazzi emozionati che volevano una foto, con gli appassionati che gli porgevano programmi e cappellini. Parlava con ognuno come se avesse tempo infinito da regalare. E i suoi aneddoti — Parigi, Roma, le sfide impossibili vinte con la calma di chi conosce la bellezza del proprio talento — sembravano piccole perle di un tempo che non ritorna, ma che continua a brillare nelle sue parole.

Ricordo ancora quando, osservando un gruppo di giovani allenarsi, sorrise con la sua ironia garbata e disse:
«Il tennis cambia, certo… ma la bellezza di una palla colpita bene, quella non passa mai.»

In quella frase c’era tutta la sua filosofia: l’eleganza, la passione, l’amore puro per questo sport. E in quel momento capii perché Pietrangeli sarebbe rimasto per sempre un’icona: non solo per le vittorie, ma per il modo in cui aveva vissuto il tennis — con classe, con grinta e con una gentilezza rara.

Oggi resta l’immagine di un uomo che non ha mai smesso di amare ciò che faceva. Un uomo capace di far sentire chiunque parte di una storia più grande, semplicemente donando un sorriso, un ricordo, una parola.
Un ricordo semplice, forse. Ma pieno di luce. La luce che solo i veri campioni — quelli dentro e fuori dal campo — sanno lasciare dietro di sé.

E allora buon viaggio, Nicola.
Che il tuo passo elegante risuoni ancora una volta sul viale del Foro Italico, che la tua racchetta disegni l’ultimo colpo perfetto nel cielo,
e che il biancazzurro che hai amato ti accompagni per sempre. Perché certi uomini non se ne vanno davvero:
rimangono sospesi nel cuore di chi li ha conosciuti, come una palla colpita bene che continua a volare, senza mai perdere la sua bellezza nell’immensità del cielo.

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